La figura di Giacomo Leopardi, che tutti abbiamo incontrato nei nostri studi, quali che siano stati né quanto approfonditi, ci è sempre stata proposta come quella del poeta celeberrimo, genio solitario autore di splendidi canti, molti dei quali mandiamo ancora a memoria. Qualche anno fa la sua biografia è stata raccontata nel film di Martone “Il giovane favoloso”, interpretato da un ottimo Elio Germano, i nostri più grandi attori si sono da sempre cimentati con le sue liriche. Ma è stato Emanuele Severino, uno dei più grandi pensatori contemporanei, ad elevare finalmente Leopardi ai vertici del pensiero filosofico occidentale, analizzando la sua opera in due testi fondamentali, “Il Nulla e la Poesia” e “Cosa arcana e stupenda”, entrambi editi da Bur. In questi scritti Severino indica in Leopardi il fondatore, ben prima e forse più profondamente di Nietzsche, della filosofia europea contemporanea, colui che ha demolito ogni Immutabile, ogni Eterno, che il pensiero occidentale, dai greci sino ad Hegel, aveva tenuto fermi (“il principio delle cose, e di Dio stesso, è il nulla”).
Leopardi, prima nei Pensieri, poi nelle Operette Morali, fino ai Canti, si rende conto che l’unica evidenza assoluta del reale è il Divenire, dominato da quel Nulla da cui tutto proviene ed in cui tutto torna.
Un Divenire che è anche possibilità infinita, incarnata dalla compresenza di Dio (inteso come luogo del possibile e non come fondamento del reale) e della Natura (a sua volta luogo della volontà di vivere e desiderare).
Con l’apparire della Ragione, che vede il Nulla, crolla ogni Eterno, ogni Immutabile, e con essi l’episteme, ciò che i greci definirono come lo “stare sopra” ed indefettibile della verità, sulle cui fondamenta è stato edificato nei secoli il pensiero dell’Occidente.
Di fronte al crollo del fondamento l’uomo si abbandona all’angoscia, percepisce la contraddizione fra la volontà di vivere ed il Nulla di cui è permeata l’esistenza: questo, per Severino, il lascito fondamentale e fondativo di Giacomo Leopardi al pensiero contemporaneo, che successivamente condurrà Nietzsche ad affermare la morte di Dio.
In Giacomo Leopardi, che a sua volta rifiuta di accettare l’identificazione dell’Essere ed il Nulla, e cioè l’aspetto contraddittorio del Divenire che è proprio del suo sistema e del pensiero occidentale, reagisce al crollo con la forza del Genio, evocando il profumo del “fiore del deserto”, che guarda il Nulla ma vi resiste con la melodia del Canto.
La poesia, unita alla filosofia, produce l’Illusione che consente al Genio di vivere la contraddizione che oppone il Nulla all’Esistenza.
Leopardi Genio, che incarna in sé poesia e filosofia, è dunque colui che solo può sopportare il peso del Nulla con la musica del Canto.
Il merito immenso di Emanuele Severino è stato proprio quello di consegnare al mondo la vera statura di Giacomo Leopardi, un gigante del pensiero filosofico, anima lucida capace di evocare, primo in Occidente, la potenza del Nulla alle soglie della contemporaneità.
Com’è noto, Severino ha posto al centro della sua filosofia la contraddizione suprema dell’Occidente, e dunque dello stesso Leopardi, che, facendo di fatto coincidere Essere e Nulla, rende nullo il Divenire stesso (e dunque ognuno di noi in carne ed ossa!) nel momento stesso in cui lo afferma come unica verità incontrovertibile. Voglio infine segnalare un ultima opera che Severino ha dedicato al Poeta, “In viaggio con Leopardi” (ed.Rizzoli), lettura divulgativa ma altrettanto interessante, scritta nel 2015 affinché di questa figura decisiva della nostra cultura si affermasse il vero e decisivo spessore.