Bruxelles – Si aprirà domenica 6 novembre la Conferenza delle Parti della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, la Cop27 di Sharm el-Sheikh (Egitto), e la delegazione dell’Unione Europea è pronta a intervenire all’appuntamento più importante dell’anno per la protezione del clima a livello globale. Dal 12 al 18 novembre anche sei membri del gruppo ad hoc del Comitato Economico e Sociale Europeo (Cese) parteciperanno ai lavori, per rafforzare e stimolare le ambizioni climatiche dell’Unione nel quadro del confronto con i partner di tutto il mondo, oltre i limitati progressi della Cop26 di Glasgow. “Arrivare a un accordo sostanziale sarebbe un successo”, ha spiegato in un’intervista rilasciata a Eunews Peter Schmidt, presidente della sezione Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente (Nat) del Cese e membro della delegazione alla Cop27: “L’Ue in questo processo deve essere ambiziosa e leader”.
Che ruolo avrà il Comitato Economico e Sociale Europeo alla Cop27?
Peter Schmidt: “Siamo già stati alle scorse Conferenze e abbiamo imparato come funzionano i meccanismi. Abbiamo anche aumentato il numero dei membri della delegazione e fissato le nostre ambizioni in una risoluzione sulle azioni per il clima in vista della Cop27. La settimana scorsa l’abbiamo adottata quasi all’unanimità e sono soddisfatto delle richieste specifiche: andremo a Sharm el-Sheikh con quattro punti da implementare, per influenzare i decisori politici, perché tutti devono fare più progressi”.
Su cosa sarà focalizzata l’attenzione nello specifico alla Cop27?
Peter Schmidt: “Prima di tutto dobbiamo aumentare le nostre ambizioni per una transizione giusta, sia quelle a livello nazionale sia quelle Ue. E poi serve un linguaggio più chiaro, perché se va cambiato il modo in cui produciamo e consumiamo – che ha implicazioni sociali – abbiamo bisogno di conseguenza di un messaggio e un modo di esprimerci diverso. C’è bisogno anche del contributo della società civile, perché se non è coinvolta, questo processo non può avere successo”.
Sotto quale aspetto?
Peter Schmidt: “Ci sono alcuni movimenti nei Paesi membri che sostengono che non c’è nessun bisogno di una transizione verde, che negano i cambiamenti climatici. Ecco perché il processo non può essere solo politico, bisogna mettere in pratica un meccanismo per coinvolgere la società civile. E questo coinvolge anche i Paesi in via di sviluppo, dobbiamo prestare attenzione che la lotta per il clima non lasci indietro nessuno e che tutti gli Stati siano coinvolti in questo processo”.
C’è preoccupazione per il rispetto degli obiettivi del Green Deal Europeo, con la guerra russa in Ucraina?
Peter Schmidt: “Lo abbiamo scritto anche nella risoluzione: siamo nel mezzo della guerra, è chiaro che servono azioni urgenti per contrastarne le conseguenze a livello energetico. Ma questo può avvenire solo per un periodo di tempo limitato, le deroghe non possono mettere a rischio gli obiettivi del Green Deal Europeo, né possiamo abbandonarlo”.
A proposito, pensa che l’aver raggiunto solo un accordo nell’ambito di Fit for 55 indebolirà la posizione della delegazione Ue alla Cop27?
Peter Schmidt: “No, non penso che la posizione dell’Unione europea sarà indebolita, perché quella che abbiamo intrapreso è la strada giusta. Non siamo in carreggiata come necessario, è vero, e servirà tempo per trovare un accordo su tutti i fascicoli. Ma è stato comunque stabilito un processo da cui non si può scappare. Ecco perché la delegazione Ue può ancora avere una leadership come quella che abbiamo visto alla Cop26 di Glasgow, con risolutezza e ambizione”.
A livello internazionale pensa che la nuova presidenza Lula in Brasile possa dare un contributo alla protezione dell’Amazzonia?
Peter Schmidt: “Penso che la situazione in Amazzonia dipenda strettamente da cosa succede nell’Unione Europea, le due realtà sono collegate. Nello sviluppo degli ultimi anni in Europa abbiamo ridotto la percentuale di terreni agricoli e abbiamo delegato ad altri Paesi, soprattutto nell’America Latina. Ora dobbiamo pensare in un modo circolare, trovando un bilanciamento nel commercio e fissando standard da raggiungere insieme”.
Secondo lei quali sono le maggiori criticità in vista della Cop27?
Peter Schmidt: “Dovremo essere più ambiziosi e superare gli interessi particolari degli Stati membri e delle multinazionali, che non hanno niente a che fare con le sfide climatiche. Un altro problema è il fatto che questo processo non è vincolante, ma comunque voglio sottolineare che il dialogo è cruciale, è l’unico modo per arrivare a risultati, altrimenti sparirebbe tutto il processo”.
Al termine della Cop27, quale potrà essere riconosciuto dal Cese come un successo?
Peter Schmidt: “Che si arrivi a un accordo sostanziale, come quelli del 2015 sull’adozione dell’agenda 2030 e sui cambiamenti climatici. Dall’elezione dell’ex-presidente statunitense, Donald Trump, è stato sempre più difficile siglare accordi internazionali significativi, se riusciremo a farlo a Sharm el-Sheikh sarà un successo”.