Bruxelles – Più imballaggi, meno riciclo. La plastica usata per alimenti, riviste, pacchi, accessori per la casa e quant’altro sta conquistando sempre più di più il territorio di un’Unione europea che inizia a far fatica a smaltirla. Nel 2020, ogni persona che vive nell’Ue ha generato in media 34,6chili di rifiuti di imballaggio in plastica. Di questi, 13 chili sono stati riciclati, vale a dire il 37,7 per cento. Un dato che non fa bene all’Europa impegnata per la sostenibilità, considerato anche che nel 2010 il tasso di riciclo era del 49,4 per cento. Insomma, si produceva meno e si smaltiva di più.
Tra il 2010 e il 2020 il volume dei rifiuti di imballaggio in plastica prodotti per abitante è aumentato del 23 per cento (+6,5 chili). Nello stesso periodo il volume riciclato dei rifiuti di imballaggio in plastica è aumentato del 32 per cento (+3,2 chili). Nonostante questo miglioramento, la quantità di imballaggi in plastica non riciclati è aumentata di 3,4 kg per abitante dal 2010 a causa del maggiore aumento della quantità assoluta di rifiuti di imballaggi in plastica generati.
L’aumento di produzione di rifiuti di imballaggio non risparmia neppure l’Italia, che però si distingue per maggiore sostenibilità. I dati tricolore, aggiornati al 2019 invece che al 2020, indicano una controtendenza. Su scala decennale, mentre in media in Europa la quantità di imballaggi in plastica non riciclati è aumentata di 3,4 chili per abitante dal 2010, in Italia si è ridotta di 1,61 chili. Nell’Europa degli europei insostenibili, gli italiani offrono un esempio virtuoso che si è confermato anche negli ultimi anni. Nel 2017 a fronte di una produzione di rifiuti pari a 37,5 chili per abitante, la quota non riciclata era di 21,83 chili. Nel 2018 il rapporto cambia: 37,93 chili e 21,30 chili, mentre nel 2019 i numeri indicano 38,75 chili e 21,83 chili. Se si torna indietro al 2010, ogni italiano in media era responsabile per la produzione di 34,94 chili di rifiuti in plastica da imballaggi, di cui 22,88 chili non riciclati.