Bruxelles – Di lavoro si muore. In Europa, ma soprattutto in Italia. I dati sugli incidenti professionali mostrano un situazione che accende la luce dei riflettori sulla sicurezza e le condizioni sul posto di lavoro. Nel 2020, rileva Eurostat, in tutta l’Ue le morti sono state 3.355, con l’Italia prima nella classifica con 776 casi mortali. Se il dato europeo è grosso modo stabile, a livello di media, quello tricolore invece segna una marcato aumento (+285 decessi rispetto al 2019, +58 per cento in un anno). Un andamento che conferisce al Paese il triste primato, dopo anni comunque ai primi posti per morti sul lavoro. Quello considerato “è il tipo meno frequente di incidente”, specifica l’istituto di statistica europeo. Si tratta dello 0,1 per cento dei casi di infortunio, che però in termini assoluti assume un altro peso e un altro significato.
Ma non c’è solo questo elemento a raccontare una situazione lavorativa sempre più deteriorata. Perché di lavoro si muore, ma non solo. Un altro modo per analizzare le informazioni sugli infortuni sul lavoro, sottolinea ancora Eurostat, consiste nell’esaminare la loro gravità. La gravità di un infortunio sul lavoro è il numero di giorni di calendario interi in cui la vittima è inabile al lavoro a causa di un infortunio sul lavoro. Se si prendono in esame gli incidenti che lasciano a casa una persona da uno a tre mesi, “il secondo caso più frequente”, il numero in Europa è passato da 430.599 a 578.591 casi dal 2016 al 2019, per poi scendere a 519.695 casi nel 2020 probabilmente causa lockdown. In Italia, il dato è invece esploso. Quanti hanno avuto da 30 a 9o giorni di malattia sono aumentati costantemente, passando da 59.895 a 91.503 nel giro di cinque anni scarsi.
Fortunatamente, rileva Eurostat, nel 2020 gli infortuni che hanno comportato 7-13 giorni di assenza dal lavoro hanno rappresentato la tipologia di infortunio più frequente (come nel 2019). Incidenti meno gravi che comunque riguardano, in media, 700mila tra uomini e donne nell’Ue ogni anno. Di questi infortuni lievi, in media negli ultimi cinque anni uno su dieci si è verificato in Italia (61mila assenti di breve periodo in media). La fotografia, per quanto aggiornata al 2020, suona da campanello d’allarme ed è un chiaro invito a correre ai riparti creando luoghi e condizioni di lavoro migliori, così da fermare questa ecatombe.