Bruxelles – Bene, ma non abbastanza. Sindacati e imprese si mostrano insoddisfatti dalla risposta dell’Unione europea alle crisi seguite al conflitto russo-ucraino. Caro-vita e caro-bollette, problemi per tutti a cui non tutti riusciranno a far fronte, da un lato come dall’altro. Così, mentre i datori di lavoro lasciano intendere che senza interventi più decisi la situazione potrà peggiorare, il mondo dei lavoratori già avverte di scenari ancora peggiori a quelli attuali.
“Dal punto di vista dei sindacati noi temiamo la stagflazione“, avverte Luca Visentini al termine dell’incontro con le parti sociali. Uno spettro evocato già in precedenza dalla stessa Commissione europea, nelle previsioni economiche di primavera. Ma adesso, a distanza di cinque mesi e con una crisi energetica conclamata in più, la situazione assume nuovi contorni. “Temiamo per ‘occupazione”, ammette il segretario generale della Confederazione europea dei sindacati (Etuc). “Al momento non lo vediamo diminuire, ma vediamo diminuire le ore lavorate“. Segno che qualcosa non va. “In prospettiva l’occupazione e la sottooccupazione è il nostro primo problema”. Il secondo, di problema, “è quello della povertà, con inflazione a doppia cifra”.
L’appello dei sindacati è quello a fare di più su un tema che però resta di competenza nazionale. Ma a livello europeo resta pur sempre un coordinamento delle politiche economiche, e quindi ecco la richiesta di aumenti dei salari. Se lavoro e povertà sono crisi, “quella dei salari è un’emergenza in questo momento in Europa”, continua Visentini. “Prima la crisi finanziaria e poi il Covid lo hanno colpito duramente”. Per questo “insistiamo sulla necessità di un salario negoziato al rialzo”. Una posizione che sa di bocciatura della Bce e della sua presidente, Christine Lagarde, che invece su questo hanno idee diverse. “Non pensiamo che questo alimenti la spirale inflattiva, perché dipende da altro in questo momento”, sostiene il leader dei sindacati.
Dal mondo delle imprese giunge invece l’aumento a “ulteriori passi avanti” rispetto a quanto già fatto. Markus Beyrer, segretario generale di BusinessEurope, afferma che attorno al tavolo delle parti sociali “c’è molta convergenza”, e ha ragione. Sindacati e imprese sono uniti nel volere di più e nel mostrarsi insoddisfatti per le politiche messa a punto sin qui. Per le imprese “va prolungato lo schema di emergenza e il regime sugli aiuti di Stato”. Perché altrimenti la risposta sarà delocalizzazione.
Uno scenario che conferma i timori dei sindacati. “C‘è il pericolo reale che le imprese ad alta intensità energetica si trasferiscano al di fuori dell’Europa, dove i prezzi dell’energia sono molto più bassi“, avverte Beyrer. “Questo avrebbe conseguenze drammatiche sulla nostra competitività e occupazione”.