Bruxelles – Sull’energia qualcosa a livello europeo si muove, se pure ancora lentamente. I capi di stato e governo Ue riuniti oggi (7 ottobre) a Praga al Vertice informale hanno discusso per oltre tre ore sulla crisi energetica e su quali misure introdurre per abbassare i prezzi. Trattandosi di un informale, non erano attese decisioni (nemmeno conclusioni) ma solo un orientamento politico alla Commissione europea per avanzare proposte concrete nei prossimi giorni. E queste proposte “più dettagliate” arriveranno in tempo per il Consiglio europeo del 20-21 ottobre, in cui invece le decisioni dovranno arrivare per dare risposte ai consumatori contro la crisi dei prezzi.
“La Commissione europea presenterà proposte più dettagliate nelle prossime settimane” contro l’aumento dei prezzi dell’energia, ha assicurato la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, al termine del Summit. Proposte di interventi che includeranno, secondo la presidente, la necessità di negoziare un “corridoio per prezzi” vantaggiosi con i fornitori affidabili (vedi Norvegia e Stati Uniti), porre un limite di prezzo per il gas e limitare l’influenza del gas nella formazione del prezzo dell’elettricità. “Abbiamo discusso di tutti questi argomenti, seguiranno nelle prossime settimane proposte più dettagliate”, ha assicurato la presidente tedesca.
Sul fronte energia (gli altri temi sul tavolo erano il sostegno militare e finanziario all’Ucraina e le conseguenze economiche della guerra), a tenere banco come da mesi a questa parte è la questione dei prezzi elevati del gas e dell’elettricità. Stando alle parole dei vertici comunitari, i leader europei sono uniti nell’intento di abbassare i prezzi del gas, il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha parlato in conferenza stampa di una “comune determinazione” da parte dei governi “a ridurre prezzi dell’energia”, da far progredire in vista del prossimo Consiglio di fine ottobre.
E’ un fatto che ormai c’è una netta maggioranza di governi Ue a favore dell’idea di introdurre un meccanismo di controllo dei prezzi del gas sul mercato. E’ anche vero però che rimangono ancora divergenze sui dettagli, su come andare concretamente a introdurre un tale meccanismo, quale forma dargli. Le opzioni al vaglio sono diverse, vanno dalla proposta di un tetto su tutto il gas importato o solo sul gas importato dalla Russia (come voleva fino a poco fa Bruxelles), un “corridoio dinamico” per il prezzo (come suggerito ieri dall’Italia, Polonia, Grecia e Belgio in un non-paper trasmesso a Bruxelles), o ancora un tetto massimo per il gas usato per la produzione di energia elettrica, sul modello iberico (un’opzione su cui l’Italia è contraria perché nei fatti andrebbe finanziata da risorse pubbliche). A frenare di più sull’idea di un tetto generalizzato sul gas sono Germania, Danimarca e Paesi Bassi che non nascondono i timori per le forniture di energia.
Ma anche a detta del premier dimissionario Mario Draghi al suo penultimo Consiglio (l’ultimo sarà quello del 20-21 ottobre) la riunione ha permesso di fare passi avanti (“sull’energia le cose si stanno muovendo”, sostiene il premier) e l’Esecutivo comunitario presenterà al prossimo Vertice una proposta per lavorare su tre dimensioni: far diminuire i prezzi, avere un elemento di solidarietà nel meccanismo e un inizio di riforma del mercato dell’elettricità. Secondo fonti di Palazzo Chigi, il premier dimissionario ha ricordato agli omologhi europei come già sette mesi fa l’Italia aveva avanzato una proposta sul price cap e sottolineato che adesso ci sono Paesi che hanno esaurito il proprio spazio fiscale. Il premier “ha esortato la Commissione Ue e i leader all’unità e a dare una risposta forte e comune per far fronte alla crisi energetica. Il che significa anche poter disporre di fondi comuni, in modo tale che tutti i Paesi europei possano stare sullo stesso terreno di gioco sul piano finanziario”, ha chiarito in riferimento allo scudo da 200 miliardi varato dalla Germania nelle scorse settimane, suscitando polemiche.
La crisi dei prezzi smuove l’Unione europea, anche sui dossier su cui nei mesi scorsi si è presentata più ingessata. Ampio consenso, almeno a detta dei Vertici comunitari, si è registrato sull’idea degli acquisti congiunti di gas, che finora hanno fatto fatica a decollare. “C’è ampio sostegno” da parte dei governi Ue sulla necessità di stabilire “un sistema di acquisto congiunto di gas per avere anche un potere di contrattazione collettiva” al livello europeo, hanno riconosciuto la presidente von der Leyen e Michel. Per von der Leyen è fondamentale che il sistema sia implementato già “dalla prossima primavera, appena finito l’inverno quando le riserve europee saranno scariche” e quindi “sarà di fondamentale importanza” riempirle di nuovo.
Gli acquisti congiunti di gas sono considerati fondamentali per riprendere a riempire gli stoccaggi appena finirà l’inverno e soprattutto per evitare concorrenza tra i governi nell’acquisto delle forniture. Sulla scia dell’acquisto comune dei vaccini durante la pandemia COVID-19, di fronte alla crisi energetica connessa alla guerra in Ucraina Bruxelles ha lanciato lo scorso 7 aprile una piattaforma energetica a cui gli Stati membri possono aderire su base volontaria per negoziare e cercare approvvigionamenti di gas (e in futuro anche idrogeno e gas naturale liquefatto), principalmente per mantenere anche i prezzi più contenuti potendo gestire la domanda a livello comunitario e non nazionale. Nella sostanza si cerca di evitare che ci sia concorrenza tra i Paesi membri dell’Ue nell’acquisto di forniture, data la necessità di accelerare con la diversificazione dei fornitori e riempire le riserve. La piattaforma è stata lanciata in primavera e il lavoro organizzato attraverso una serie di task force istituite su base regionale: la prima a Sofia, in Bulgaria, per monitorare il fabbisogno di gas ed elettricità, i prezzi e i flussi del gas in Bulgaria e con i vicini dell’Europa sudorientale; la seconda è stata creata all’inizio del mese di luglio per occuparsi dei Paesi dell’Europa centro-orientale (Italia, Austria, Germania, Repubblica ceca, Ungheria, Polonia, Slovenia, Croazia e Slovacchia) insieme a Ucraina e Moldavia. Ora però mancano gli acquisti comuni.