Bruxelles – Non c’è ancora accordo tra i governi sull’introduzione di un tetto al prezzo del gas importato in Ue, come misura per contrastarne l’aumento. Ma dal Consiglio energia che si è tenuto oggi (30 settembre) a Bruxelles è emerso che una svolta in questo senso potrebbe essere più vicina. I ministri europei hanno dato il loro via libera politico a un pacchetto di misure di emergenza contro il caro energia – il taglio obbligatorio ai consumi di elettricità, un tetto sui ricavi inframarginali e un prelievo sulle imprese attive nelle fossili -, ma si sono trovati d’accordo anche nel chiedere alla Commissione europea di presentarne al più presto delle altre, mirate a introdurre un meccanismo di controllo sul prezzo del gas.
In quale forma, bisognerà capirlo. Stando alle parole del ministro della Transizione, Roberto Cingolani, prima dell’inizio dei lavori veri e propri, si è tenuto a Bruxelles questa mattina un confronto “costruttivo” tra gli otto Paesi più energivori (che dovrebbero essere, oltre l’Italia, anche la Germania, la Francia, la Grecia, il Belgio, i Paesi Bassi, la Spagna e la Polonia) con cui l’Italia lavorerà nei prossimi giorni per trovare uno schema comune per introdurre un meccanismo di controllo dei prezzi. “Gli obiettivi sono tagliare i picchi, evitare questa volatilità eccessiva per cui in poche ore il prezzo del gas varia del 20% ma nello stesso tempo bisogna fare in modo che il prezzo del gas non sia troppo basso da scoraggiare gli operatori”, ha detto a margine del Consiglio. Il ministro ha aggiunto che parlando “con i vari Paesi si è capito che è necessario trovare un range tra un (prezzo, ndr) minimo e un massimo in cui ci possa essere sempre una variazione ma che non sia una variazione totalmente fuori controllo come adesso”.
Un tetto fisso, ha spiegato Cingolani, potrebbe essere “percepito male in un libero mercato”. Mentre potrebbe prendere piede l’idea stabilire “un range (di prezzi, ndr) che può essere ampio e sufficientemente attrattivo per gli operatori”, una sorta di tetto con forchetta di prezzo, basata su un’indicizzazione del costo del gas diverso dall’attuale TTF di Amsterdam su una media di grandi indicatori di riferimento “come l’Henry Hub o il Brent”. Il gruppo ristretto dei grandi energivori, stando alle parole di Cingolani, si riunirà di nuovo in videoconferenza da lunedì per definire una serie di pilastri da inviare alla Commissione europea “prima della riunione informale” dei capi di stato e governo che si riuniranno a Praga il 6-7 ottobre. Sulla base degli input di oggi, la Commissione Ue continuerà a “lavorare con gli Stati membri e svilupperà ulteriormente queste idee prima del Consiglio europeo della prossima settimana”, ha confermato poco dopo anche la commissaria europea per l’energia, Kadri Simson, in conferenza stampa al termine del Consiglio. E sulla base di questo lavoro con le capitali, presenterà “nuove proposte legislative” quanto prima.
L’idea di valutare un range di prezzo e non un tetto fisso è una chiara strategia per convincere la Germania a sposare l’idea di un price cap. Berlino è tra i Paesi più reticenti sulla misura, più preoccupata dei timori di vedersi tagliare completamente le forniture di gas e di rendere l’Unione non più attrattiva. Sono in tanti a sottolineare che la timidezza della Commissione sia legata ai timori espressi dalla Germania sul cap generalizzato. Intanto sembra superata, definitivamente stavolta, l’idea di un cap sul solo gas russo (che rappresenta il 9 per cento delle importazioni, a fronte di una media del 40 per cento ante guerra), su cui spingeva invece la Commissione europea. Ad ammetterlo la stessa Simson, che però definisce “drastica” l’idea di un cap generalizzato e pone già delle condizioni per l’attuazione. “Un certo numero di ministri sostiene l’idea di un tetto massimo al prezzo del gas all’ingrosso che copre tutte le transazioni, sia le importazioni che il mercato interno” e anche se la misura “avrebbe chiaramente un effetto sui prezzi” potrebbe creare “rischi per la sicurezza dell’approvvigionamento”, ha detto la commissaria precisando che per fare “un passo così drastico in modo responsabile, una serie di prerequisiti non sarebbero negoziabili, primo tra tutti un impegno obbligatorio inequivocabile da parte degli Stati membri di risparmiare la domanda di gas oltre il nostro attuale piano di riduzione del 15 per cento“. I ministri europei hanno concordato a fine luglio un obiettivo di riduzione della domanda di gas del 15 per cento rispetto alla media dei consumi nazionali degli ultimi cinque anni e pensare a un cap generalizzato dovrebbe significare andare oltre questo target. Ad ogni modo, la discussione sul price cap resta nelle mani dei capi di stato e governo che si riuniranno la prossima settimana.