Un paio di mesi fa in tanti ci si meravigliava che l’Unione europea avesse saputo rispondere unitariamente alla sfida posta dall’invasione russa in Ucraina. Quasi due anni fa lo stupore era per la risposta unitaria nella lotta alla pandemia da Covid. Ora di tempo ne è passato, di elezioni nazionali ce ne sono state e ce ne sono di continuo (la Svezia ha appena votato, l’Italia lo farà il 25 settembre, il primo ottobre toccherà alla Lettonia) eppure la linea tracciata continua ad essere un solco profondo e fertile da seguire, non una sterile traccia nella sabbia.
E’ appena arrivata sul tavolo la proposta di nuove sanzioni contro la Russia, nonostante in tanti, anche in Italia, sguaiatamente gridassero che sono inutili e che fanno male alla nostra economia, senza scalfire quella di Mosca. Dopo qualche mese ogni studio, (ed i russi stessi) riconosce che quelle sanzioni hanno iniziato a produrre effetti pesanti per l’economia di Putin.
Si diceva che sostenere l’esercito Ucraino con armi ed intelligence fosse un errore, ed invece ecco che l’armata “rotta”, come qualcuno l’ha brillantemente ribattezzata, si ritira.
In tanti dicevano che andare contro Mosca non avrebbe fatto altro che rafforzare i suoi rapporti con grandi potenze come India e Cina, ed ecco che, prima l’India, a Samarcanda, e poi la Cina, in queste ore, invitano Putin a smetterla con la guerra, e pian piano allentano il loro, sempre flebile a dire il vero, sostegno.
Anche il timore che Mosca “girasse” i suoi gasdotti verso Pechino è sfumato, quando a tutti è stato chiaro che nell’Unione chi doveva decidere sapeva bene, che, nell’immediato, solo una parte insignificante del gas può fare quel cammino e che per avere nuovi gasdotti in funzione ci vorranno almeno dieci anni.
Questa unità ha avuto un costo, certo. Lo ha avuto per molte aziende, per noi cittadini. Ma non agire nel senso scelto avrebbe certamente portato a danni ben maggiori, avrebbe portato da un lato ad una debolezza geopolitica che si sarebbe rapidamente pagata in termini economici, perché allora sì che anche la Cina avrebbe intensificato la sua politica di conquista economica, e forse non solo, dell’Occidente. L’avremmo pagata nei confronti della stessa Russia, che si sarebbe sentita padrona in casa nostra, di fronte a governi deboli che dipendono dall’energia che trasporta da noi.
Ed invece l’esperienza della pandemia e poi quella della guerra stanno facendo fiorire decine di progetti (dalla produzione di batterie europee, al risparmio energetico, alla diversificazione strategia delle fonti, alla svolta green della nostra produzione industriale e anche delle nostre vite) che avrebbero richiesto decenni, se mai si fosse riusciti a farli. L’Unione europea è stata in grado, perché unita, di accelerare su politiche alle quali stava lavorando e anche su altre che si erano perse nei cassetti.
Se ci si sta riuscendo è perché si è capito che uniti, si vince, che uniti conviene. Forse per la prima volta da decenni gli Stati dell’Unione si sono resi conto di quanto potenziale hanno ma anche di quanto piccoli e deboli, singolarmente presi, sono nei confronti del resto del Mondo. Che non sta lì solo ad ammirare i nostri monumenti o a mangiare i nostri spaghetti, ma che tenta di prendere il controllo dei nostri monumenti e dei nostri Made In.
L’abbiamo capito, e per fortuna non è stato troppo tardi.