Bruxelles – Salario minimo in Europa, l’Aula vara in via definitiva la riforma e apre la strada a criteri uguali per tutti per un tema che continuerà ad essere trattato a livello nazionale. Con 505 favorevoli, 92 contrari e 44 astenuti il Parlamento europeo riunito a Strasburgo in sessione plenaria conferma l’accordo raggiunto a giugno e sostenuto dal Consiglio. I 21 Stati membri che già dispongono di una retribuzione di base di riferimento non saranno obbligati a modificare gli importi, che resteranno variabili a seconda di costo e tenore di vita nel Paese, ma dovranno legarli all’inflazione. Inoltre, al fine di valutare l’adeguatezza dei salari minimi garantiti esistenti, i Paesi UE potranno determinare un paniere di beni e servizi a prezzi reali, o fissarlo al 60 per cento del salario mediano lordo e al 50 per cento del salario medio lordo. A partire da ciò gli Stati dovranno aggiornare i salari minimi almeno ogni due anni, termine spostato fino a un massimo di quattro anni per chi prevede già retribuzione di base che segue un percorso di indicizzazione automatica all’inflazione.
La nuova direttiva si applicherà a tutti i lavoratori dell’UE con un contratto o un rapporto di lavoro, ma non si applicherà a Italia, Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia e Svezia, i sei Paesi membri che non hanno remunerazioni di base fissate per legge. Qui però si dovrà dare spazio alle contrattazioni collettive. E’ convizione del co-legislatore che tale pratica sia “un fattore essenziale per determinare i salari minimi adeguati”. Quindi laddove meno dell’80 per cento dei lavoratori è interessato dalla contrattazione collettiva, “congiuntamente alle parte sociali”, si dovrà stabilire un piano d’azione per aumentare tale percentuale.
Per Agnes Jongerius (S&D), correlatore del testo, l’intervento di armonizzazione normativa si rende ancor più necessario alla luce dell’attualità. “I prezzi dei generi alimentari, delle bollette energetiche e degli alloggi stanno esplodendo. La gente fa davvero fatica ad arrivare a fine mese, il lavoro deve tornare a pagare”. Questa direttiva, assicura, è la risposta giusta a tutto questo, poiché “stabilisce gli standard per un salario minimo adeguato”.
Adesso manca solo il voto del Consiglio, atteso entro fine mese, e poi la direttiva sarà in vigore. Essendoci già un accordo col Parlamento, l’esame tra gli Stati dovrebbe essere una pura formalità. Poi ci saranno due anni per mettersi in regola e fare dei nuovi criteri la regola.
Esulta il commissario per il Lavoro e le politiche sociali, Nicolas Schmit. “Salari minimi adeguati sono più importanti che mai”.
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Soddisfatta Esther Lynch, segretaria generale della Confederazione dei sindacati europei (Etuc). “La direttiva è un impulso tempestivo per i milioni di persone che lottano per riscaldare le loro case e sfamare le loro famiglie”. Lo è, sottolinea, “Non solo garantendo salari minimi adeguati, ma rafforzando la contrattazione collettiva come la migliore soluzione per ottenere salari realmente equi per tutti”. E’ dunque “il momento migliore per l’adozione di questa direttiva”.