Bruxelles – Caro energia, Ucraina e discorso sullo Stato dell’Unione. E’ una plenaria del Parlamento europeo particolarmente densa di temi quella che prenderà il via questo pomeriggio (12 settembre) al Parlamento europeo di Strasburgo fino a giovedì, con gli eurodeputati che si confronteranno mercoledì mattina con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nell’annuale dibattito sullo stato dell’Unione. Un’occasione per fare un punto sui dodici mesi appena trascorsi e delineare le iniziative faro che la Commissione intende intraprendere nel prossimo anno, inaugurata per la prima volta nel 2010 dalla Commissione guidata dal portoghese José Manuel Barroso.
L’esecutivo comunitario, i commissari e i funzionari, trascorrono mesi a preparare il discorso sullo stato dell’Unione. Quest’anno, più che mai, non è difficile immaginare che Ucraina e energia saranno i temi portanti nelle parole che pronuncerà von der Leyen e l’intero discorso sarà declinato attraverso queste. E non è difficile immaginarlo anche perché prima di arrivare mercoledì a pronunciare il suo discorso sullo stato dell’Unione, martedì da Strasburgo la presidente von der Leyen presenterà il pacchetto di misure per rispondere all’impennata dei prezzi dell’energia nell’Ue sulla base dell’orientamento politico emerso venerdì dalla riunione dei ministri dell’energia a Bruxelles.
Nel pacchetto saranno contenuti una proposta per fissare un tetto sui profitti delle società che producono energia elettrica non dal gas (che quindi non sperimentano l’aumento dei costi di produzione, come il nucleare, le rinnovabili, il petrolio e il carbone), per un contributo di solidarietà dalle imprese attive nelle fossili, per fornire liquidità alle energivore e per tagliare i consumi di elettricità nelle ore di punta. Non è ancora chiaro se nel pacchetto vedrà la luce anche la proposta per introdurre un tetto al prezzo del gas importato, dal momento che i governi – se pure in maggioranza convinti della necessità di introdurlo – sono divisi sulle modalità con cui attuarlo per cui la Commissione potrebbe prendersi altro tempo. L’Italia guida una coalizione di Stati membri a favore di un tetto generalizzato su tutto il gas importato in Europa, quindi non solo quello russo e non solo quello via tubo ma anche via nave (il gas liquefatto, Gnl). A sostegno della linea italiana, secondo le parole del ministro Roberto Cingolani, ci dovrebbero essere almeno una quindicina di Stati membri, anche se l’esecutivo europeo è più orientato sul fissare un tetto solo al gas importato dalla Russia (che ormai per l’Europa rappresenta il 9 per cento delle importazioni, a fronte di una media del 40 per cento ante guerra) perché teme che il tetto generalizzato possa essere un rischio per le forniture di energia da parte degli altri fornitori. Soprattutto per quanto riguarda il Gnl, per il quale il mercato asiatico è disposto a pagare molto meno.
A confermarlo la stessa von der Leyen, che in una serie di tweet pubblicati nel fine settimana ha chiarito che sul “costo del gas, continuiamo a lavorare su risposte adatte a un mercato globale” con l’obiettivo di “garantire prezzi più bassi in Europa garantendo al contempo la sicurezza dell’approvvigionamento”. Tetto sì, ma senza mettere a rischio le forniture all’Europa.
On the cost of gas, we continue to work on answers adapted to a global market.
Objective: to ensure lower prices in Europe while guaranteeing security of supply.
— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) September 10, 2022
Nel pomeriggio di martedì, dopo la presentazione del pacchetto da parte del collegio, i deputati si confronteranno con la Commissione europea sulle misure per affrontare la crisi energetica. Ma non solo. Il collegio a guida von der Leyen metterà sul tavolo anche la proposta per imporre un divieto per i prodotti ottenuti con il lavoro forzato, che la presidente aveva annunciato proprio un anno fa nel discorso sullo stato dell’Unione.
Martedì sarà anche il giorno di un confronto degli eurodeputati con Sanna Marin, prima ministra della Finlandia, sulla sua visione dell’Unione europea, come parte del ciclo di dibattiti sul futuro dell’Europa introdotto dalla presidente dell’Europarlamento Roberta Metsola e che vedrà tutti e 27 i capi di Stato e governo confrontarsi a turno con i deputati a Strasburgo. Mercoledì il discorso sullo stato dell’Unione dominerà la scena, ma i deputati saranno impegnati anche ad approvare il loro mandato negoziale su due dossier importanti per il pacchetto sul clima ‘Fit for 55’, presentato a luglio 2021 con l’obiettivo di abbattere le emissioni del 55 per cento entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990): la revisione della direttiva sull’efficienza energetica e sulle energie rinnovabili. Il mandato che sarà approvato in plenaria servirà all’Europarlamento per negoziare un accordo finale con gli Stati membri al Consiglio Ue, che hanno già trovato un accordo a giugno.
Spazio anche per il cambiamento climatico e la risposta dell’Ue ai fenomeni meteorologici estremi, come siccità e incendi boschivi che hanno dominato l’estate dell’Europa, e che saranno oggetto di una serie di proposte che presenteranno i deputati in un dibattito con Commissione e Consiglio che si terrà martedì mattina, seguito da un voto su una risoluzione giovedì. I deputati discuteranno e voteranno anche sulla nuova strategia forestale dell’UE per il 2030, presentata dalla Commissione europea, e per introdurre un regolamento per imporre una stretta sui prodotti da “deforestazione importata”, per ridurre la pressione sulle foreste causate dalla produzione di alcuni beni, come caffè, soia e legno di cui l’Ue è grande importatore da altri Paesi.
Sul fronte dei valori e della democrazia, ci sarà modo per tenere traccia dei (mancati) progressi dell’Ungheria sullo stato di diritto. In una risoluzione che sarà discussa mercoledì e votata giovedì, i deputati affermano che la democrazia e i diritti fondamentali in Ungheria si sono ulteriormente deteriorati dopo l’attivazione dell’articolo 7 del Trattato sull’Unione europea da parte del Parlamento, e ciò a causa dei “tentativi deliberati e sistematici del governo ungherese” esacerbati dall’inazione UE. Lunedì invece sarà la volta di analizzare le conseguenze dello scandalo dello spyware Predator che ha travolto il governo di Atene, che – secondo le accuse dell’opposizione e della stampa greca – sarebbe stato utilizzato dai servizi di sicurezza greci per sorvegliare gli smartphone di alcuni giornalisti e soprattutto del leader del Partito Socialista (Pasok) di opposizione, Nikos Androulakis.