Bruxelles – Le elezioni più incerte della storia della Svezia, il voto più divisivo di sempre nel Paese scandinavo. Con poco più del 5 per cento delle schede da scrutinare, è un testa a testa all’ultimo respiro tra il blocco di opposizione di destra e l’alleanza di centro-sinistra finora al governo, con 3 soli seggi di scarto (a favore dei primi) e il voto dei residenti all’estero che potrebbe ancora ribaltare il risultato, determinando la formazione del nuovo esecutivo a Stoccolma.
Secondo quanto emerge dai risultati parziali delle elezioni svoltesi ieri (domenica 11 settembre) in Svezia, i partiti che nel corso dell’ultima legislatura si trovavano all’opposizione si sarebbero assicurati 176 seggi sui 349 in palio al Riksdag (l’Assemblea monocamerale svedese), contro i 173 della coalizione guidata dalla prima ministra in carica, Magdalena Andersson. Ma la distanza tra i due blocchi è strettissima – 0,9 punti percentuali, pari a circa 50 mila voti – ed è per questo che i voti postali e le schede elettorali provenienti dall’estero tengono ancora aperta la partita elettorale. Al punto che nessun partito ha realmente rivendicato la vittoria, in attesa del risultato finale che non arriverà prima di mercoledì (14 settembre).
Dopo una campagna elettorale durissima – dominata dalle questioni della sicurezza, della criminalità e della migrazione – e uno scrutinino combattuto fino all’ultima scheda, al momento è avanti il blocco dell’opposizione di destra formato da forze eterogenee tenute unite durante la campagna elettorale solo dalla volontà di soffiare la maggioranza alla premier Andersson. La vera svolta delle elezioni del 2022 è rappresentata dall’affermazione dell’estrema destra di derivazione neonazista dei Democratici di Svezia (al 20,6 per cento dei voti, in crescita del 3,1 punti rispetto a quattro anni fa): la formazione guidata da Jimmie Åkesson in questo modo si assicurerebbe 11 seggi in più al Riksdag (da 62 a 73), diventando la seconda forza politica dietro solo ai socialdemocratici (108). Ancora in calo il Partito Moderato di centro-destra Ulf Kristersson (19,1, con un -0,7 per cento), superato anche dagli ultra-nazionalisti, ma ancora accreditato per guidare il prossimo governo in caso di sconfitta del centro-sinistra. Al 4,6 per cento i Liberali – di un soffio sopra la soglia di sbarramento – e al 5,4 i Democratici Cristiani (5,4%) su posizioni anti-musulmane.
Sul fronte opposto non è di facciata la dichiarazione della premier Andersson sul fatto che il Partito Socialdemocratico dei Lavoratori di Svezia abbia ottenuto “un grande risultato”: con il 30,5 per cento dei voti, il successo si misura in 2,2 punti percentuali di crescita rispetto alle elezioni del 2018, a un passo dalla conquista di un terzo del Parlamento. Il problema per la coalizione di centro-sinistra riguarda la non-tenuta degli altri partiti. Fatta eccezione per il 5 per cento del Partito Ambientalista i Verdi (+0,6), sia il Partito della Sinistra (6,6) sia i social-liberali del Partito di Centro (6,7) sono crollati rispettivamente dell’1,4 e dell’1,9 per cento. In termini di seggi significa una perdita complessiva di 11 deputati, non compensati dai 10 in più portati al Riksdag da socialdemocratici e Verdi.
“Voglio ringraziare tutti coloro che hanno votato per noi con la speranza di un cambiamento”, ha dichiarato il leader della coalizione di destra Kristersson, che si è detto “pronto a guidare questo cambiamento”. Gli ultra-nazionalisti di estrema destra guidati da Åkesson hanno confermato che avranno “un ruolo centrale” nel cambio di potere, dopo otto anni in cui i socialdemocratici hanno tenuto in mano le redini del governo. Se il voto postale e dei residenti all’estero non ribalterà l’attuale esito delle urne, per la formazione del governo si apre un periodo complesso, a meno di quattro mesi dall’avvio della presidenza di turno svedese del Consiglio dell’Unione Europea. Nessuno dei partiti del blocco di opposizione di destra ha mai accreditato i Democratici di Svezia al Parlamento, a causa delle radici del partito nei gruppi neonazisti: ma ora che sono diventati la seconda forza al Riksdag i Moderati dovranno decidere se aprire anche loro la maggioranza, o se guidare un governo di minoranza con il supporto delle altre forze parlamentari (socialdemocratici inclusi) su un’agenda condivisa. Agenda che non può prescindere, sul piano della politica estera, dalla preparazione del semestre dell’Unione a partire dal primo gennaio 2023 e dalla questione dell’adesione alla Nato in corso.