Bruxelles – Silenzio elettorale, perché “le elezioni negli Stati membri devono essere rispettare, sarebbe davvero inappropriato per l’Ue iniziare a prendere posizione”. L’Unione europea dunque osserva e attende di sapere che Italia uscirà dalle urne, ma al netto di prassi consolidate a Bruxelles si respira sempre di più malumore per i ritardi su impegni assunti e ancora non onorati sul Meccanismo europeo di stabilità (Mes, o Esm secondo l’abbreviazione in inglese). L’accordo per la riforma e il riordino dell’organismo intergovernativo è stato raggiunto ormai più di un anno fa, ma mancano ancora le ratifiche di Germania e Italia. Se il processo, nella repubblica federale, si è fermato nella Corte costituzionale di Karlsruhe, nello Stivale si è arenato in Parlamento.
Gli impegni di governo sono stati sconfessati nei fatti da deputati e senatori, e a nulla sono valsi richiami e pressioni da partner europei. Neppure il tanto stimato Mario Draghi ha saputo chiudere un dossier rimasto aperto per tanto, troppo tempo. L’auspicio è che si arrivare all’appuntamento elettorale italiano con la ratifica avvenuta, ma così non è stato. Adesso il vaso è colmo e la pazienza è finita. “C’è un impegno della Repubblica italiana“, sbotta a Bruxelles un alto funzionario. “Repubblica”, e non “governo”. Parole scelte e soppesate, a ricordare che è in gioco la credibilità non solo di una parte politica, ma di un Paese intero.
Silenzio elettorale, dunque. Ma c’è un messaggio chiaro da recapitare soprattutto a quelle forze che i sondaggi vedono come vittoriose nel voto del 25 settembre. Lega e Fratelli d’Italia di MES non ne vogliono sapere, e c’è la consapevolezza che con una siffatta coalizione rischia di rimandare a data da destinarsi una riforma concordata da tutti. Si riconosce che c’è un problema e che, in prospettiva, rischia di porsi ancora di più. Un problema si chiama Repubblica italiana. Un intero Paese membro.