Bruxelles – Rinnovabili, certo. Ma con accortezza. Idrogeno, senza dubbio. Ma consapevoli dei limiti che la fonte porta con sé. E poi il gas, che continuerà a essere imprescindibile. Senza tralasciare l’ipotesi del nucleare, e puntando sull’innovazione tecnologica. La transizione energetica, quella sostenibile, per essere davvero tale, deve tenere conto di tanti fattori, a partire dalla complessità della trasformazione. L’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane (Ice) offre il suo contributo al dibattito, in vista della riunione straordinaria a Bruxelles del consiglio Energia del 9 settembre. Il rapporto annuale, con la sezione specifica su ‘L’innovazione tecnologica per la transizione ecologica’, cerca di fare il punto della situazione e mettere ordine a dibattito e agenda politica con un’analisi che accende i riflettori sulle tante sfide a cui i governi dell’Ue sono chiamati a far fronte. A cominciare dalla transizione stessa.
“La transizione energetica non sarà un processo semplice ed immediato”, si vuole chiarire fin da subito. Perché possa essere tradotta in realtà virtuosa, servirà “il superamento della dicotomia elettricità e gas naturale”. Vuol dire ragionare in termini pratici, reali, e meno ideologici. Perché fin qui il dibattito sull’evoluzione dei sistemi energetici verso forme più green, “ha inizialmente preso una direttrice premiante l’energia elettrica, generata da fonti rinnovabili, a discapito del gas”. Ma, sottolinea l’Ice, “il gas contribuisce per il 40% all’elettricità italiana con una quota analoga a quella delle rinnovabili”. Tradotto, in estrema sintesi: “Il gas rimane sempre una utile fonte, quantomeno come riserva energetica, per garantire la stabilità del sistema”. E’ vero che le rinnovabili restano la via da seguire e perseguire, ma non possono sostituire il gas, che deve restare una fonte all’interno del mix energetico, nazionale ed europeo. Il motivo è dato dalle “forti oscillazioni”, che “non garantiscono stabilità e continuità di fornitura atta a soddisfare il complessivo fabbisogno energetico”.
Inoltre, continua il rapporto Ice, il costo complessivo della produzione da rinnovabili (solare, eolico), considerando i costi di produzione e smaltimento dei pannelli e dei campi eolici, “riduce anche fortemente la convenienza economica di queste soluzioni, rendendole in certi casi anche più onerose”. Ecco perché non si può e non si deve abbandonare il gas.
E’ vero che le rinnovabili hanno un costo di produzione “quasi nullo”, ma da sole non sono la risposta al problema. Ne è una dimostrazione l’idrogeno. “Appare come una alternativa intrigante ma dall’elevata complessità tecnologica ed infrastrutturale ed è pertanto immaginabile un suo ruolo complementare, ma non dominante, rispetto alle soluzioni energetiche da fonti rinnovabili e dell’economia circolare”. A oggi, in sostanza, la frontiera dell’idrogeno quale ‘terza via energetica’ risolutiva “appare poco praticabile, a causa di vincoli e ostacoli tecnici come il tema della sicurezza infrastrutturale e il massiccio consumo di acqua”. Sì, la produzione di idrogeno, su larga scala, richiederebbe un elevata domanda idrica, che renderebbe la risorse insostenibile.
E’ “il paradosso” di cui avverte l’Ice. Per generare energia da una fonte pulita “l’umanità verrebbe razionata o addirittura privata di una fonte vitale per la propria sussistenza quale è l’acqua”. Senza contare che l’uso nella vita di tutti i giorni, a oggi, non è praticabile. “E’ più difficile immaginare l’utilizzo dell’idrogeno nel settore automobilistico”, poiché “l’auto ad idrogeno consuma più del triplo di un’auto a batteria e non esiste una rete di distribuzione e rifornimento”. L’idrogeno, dunque, “potrà diventare una soluzione importante sul medio-lungo termine, per lo stoccaggio stagionale”.
Alla luce di tutto questo, “appare più consono ed opportuno immaginare una transizione energetica più graduale, sostenuta da una differenziazione delle fonti, tra loro complementari e integrate, piuttosto che prevedere il passaggio ad una sola fonte dominante”. E’ sulla base di questa considerazione che si invita anche a non scartare a priori l’energia da atomo. L’Ice non ha dubbi che per sostenere la transizione energetica italiana ed europea “sarà opportuna una riflessione sul ruolo del nucleare nel paniere energetico, soprattutto nell’ottica di identificare soluzioni efficaci e in tempi brevi per contrastare il cambiamento climatico”.
Ad ogni modo una transizione davvero sostenibile non può esserci senza innovazione. Il ruolo della rivoluzione tecnologica appare “fondamentale” in tal senso. Qui Ice individua e suggerisce quattro principali macro-direttrici di sviluppo, vale a dire “tecnologie abilitanti, nuovi modelli di business, architettura dei mercati e sistemi operativi”. Significa facilitare l’integrazione delle tecnologie di generazione da fonti rinnovabili, responsabilizzare i consumatori, trasformandoli in attori attivi, e ancora assicurare ai sistemi di alimentazione quote più elevate di rinnovabili”. Mentre il funzionamento del sistema deve prevedere “pratiche che gestiscano l’incertezza della generazione di rinnovabili”. Alla politica si chiedono perciò interventi normativi che incentivino i player del settore energetico, sia a livello nazionale che a livello locale, “ad integrare tali innovazioni nei loro modelli produttivi ed operativi”.