Bruxelles – Energia, l’Unione europea ha un nodo tutto economico-finanziario che inizia farsi sempre più complicato da sciogliere. Ci sono risorse europee che potrebbero essere utilizzate per attuare la strategia di indipendenza dalla Russia, RePowerEu, ma sulla cui richiesta pesano i dubbi legati al ripagamento. Si tratta delle risorse ancora non utilizzate del meccanismo per la ripresa, NextGeneration Eu, varato per rispondere alle ricadute economiche della crisi sanitaria. Ci sono 225 miliardi di euro, ma sono la componente prestiti del recovery fund. Soldi da prendere e da dover restituire. A condizioni vantaggiose, certo, ma pur sempre elemento di preoccupazione per i governi.
RePowerEu, il piano per l’indipendenza energetica dalla Russia, “invita gli Stati membri a prendere in considerazione la mobilitazione dei restanti 225 miliardi di euro di prestiti nell’ambito meccanismo per la ripresa per perseguire gli obiettivi di RePowerEu”, ricorda Kadri Simson. La commissaria per l’Energia però dice in modo chiaro come gli Stati possono prendere in considerazione questa ipotesi, ma non sono obbligati. Le capitali ragionano a questa eventualità e prendono tempo, al netto di un piano di ripresa ungherese ancora tutto da approvare, e con l’incognita su quanto Budapest potrebbe chiedere all’Europa. I 225 miliardi attualmente in giacenza nelle casse comuni potrebbero ridursi quando la Commissione darà il proprio benestare al piano ungherese.
Dall’altra parte ci sono i costi per il gas che stanno lievitando verso l’alto. L’Ue ha stretto accordi con gli Stati Uniti per acquistare il Gnl, gas naturale liquefatto, quale risposta per smarcarsi dalla dipendenza di Gazprom che “non è più un fornitore affidabile”, denuncia Simson. Nonostante il blocco dei Ventisette non abbia imposto sanzioni alla risorsa pompata dal colosso controllato dal Cremlino, “dall’inizio della guerra in Ucraina, la Russia ha deciso unilateralmente di tagliare drasticamente i flussi di gas verso l’Ue”. La scelta è obbligata, ma il passaggio dall’ormai ex fornitore russo a quello statunitense non è senza conseguenze.
“Il gas naturale liquefatto è in generale più costoso del gas da gasdotto”, ammette Simson rispondendo a un’interrogazione parlamentare in materia, senza però offrire i dettagli contrattuali. Niente cifre, in sostanza. Si sa soltanto che questa scelta a dodici stelle è peggiorativa da un punto di vista di costi e saldi. Ma “la Commissione osserva che è molto difficile fare un confronto” tra il prezzo pagato a Gazprom per il gas naturale e quello pagato agli Stati Uniti per l’alternativa liquefatta (Gnl).
Il conto da pagare Washington, salato, e risorse da prendere in prestito che rischiano di aggravare bilanci nazionali già messi a dure prova da pandemia e sei mesi di guerra in Ucraina. Ecco la matassa economica piuttosto intricata. L’Europa degli Stati cerca soluzioni attraverso possibili tassazioni degli extraprofitti delle compagnie, tutte ancora allo studio, e caldeggiate dal Parlamento Ue. Parallelamente continua a lavorare alla possibilità di compere congiunte. Per rispondere al nodo del caro-energia, “la Commissione ha valutato diverse opzioni per creare una piattaforma comune di acquisto”, ricorda Simson. In tal senso l’orientamento del team von der Leyen è “istituire un gruppo di esperti, il gruppo consultivo dell’industria”.
Nelle idee dell’esecutivo comunitario, anticipa la commissaria per l’Energia, lo speciale organismo sarebbe composto da società energetiche degli Stati membri, dei Balcani occidentali e dei tre partner orientali associati (Moldova, Ucraina e Georgia), che esprimono la volontà di partecipare a un programma di acquisto congiunto. Si intende fare in fretta. “A breve”, assicura Simons, verrà pubblicato un invito a presentare candidature nel registro dei gruppi di esperti. L’auspicio è di iniziare a sciogliere il nodo economico che intrappola l’Europa.