Bruxelles – Credibilità, credibilità e, ancora, credibilità. E’ in un quadro geopolitico in trasformazione e in una congiuntura economica segnata da profonda incertezza, che l’Italia deve lavorare per assicurare che la sua credibilità interna “vada di pari passo con quella internazionale perché il Paese possa avere un peso in Europa e nel mondo che sia in linea con la sua storia e con le aspettative dei suoi cittadini”. Per Mario Draghi il posto dell’Italia è in maniera inequivocabile “al centro dell’Unione europea e ancorato al patto atlantico”. Ai suoi valori di democrazia, libertà, progresso sociale e civile.
Nel lungo intervento di questa mattina (24 agosto) al Meeting di Rimini, il premier dimissionario ha tracciato un bilancio dei 18 mesi alla guida dell’esecutivo italiano a poche settimane dalla chiamata alle urne del prossimo 25 settembre, che porterà a rinnovare le camere del Parlamento che dovranno dare la fiducia al suo successore. Un’occasione per rivendicare quanto raggiunto, con lo sguardo sempre rivolto agli obiettivi che l’Italia deve ancora perseguire. Auspicando “che chiunque avrà il privilegio di guidare il Paese saprà preservare lo spirito repubblicano che ha animato dall’inizio il nostro esecutivo”, ma essendo anche convinto che qualunque sarà il “colore politico del prossimo governo, riuscirà a superare le difficoltà che oggi sembrano insormontabili, come noi le abbiamo superate l’anno scorso. L’Italia ce la farà anche questa volta”, ha assicurato Draghi accolto da lunghi applausi, ricordando di aver assunto le redini del governo quando le sfide della pandemia COVID-19 “sembravano insormontabili”. E invece, eccoci qui.
La credibilità citata a più riprese da Draghi nel suo intervento è quella nazionale che deve andare di pari passo con una forte credibilità sul piano internazionale, inscritta saldamente nel cammino europeo e transatlantico. L’Italia – ha ricordato Draghi – ha “un debito pubblico detenuto per oltre il 25 per cento da investitori esteri e che migliaia di aziende straniere si riforniscono dalle nostre imprese, fanno i loro ordini o impiegano i loro capitali in Italia e contribuiscono alla crescita, all’occupazione e al bilancio pubblico” del Paese. E’ per questo che “protezionismo e isolazionismo” non sono una scelta percorribile, “non coincidono col nostro interesse nazionale”, ha assunto con forza.
“L’Italia non è mai stata forte quando ha scelto di andare da sola”, dice, come a indicare la via europea a chiunque prenderà il suo posto a Palazzo Chigi. Difendendo poi l’operato del governo, ha aggiunto che insieme “abbiamo dimostrato che l’Italia è un grande Paese che ha tutto ciò che serve per affrontare le sfide che la storia ci mette davanti”. A partire dalla crisi energetica connessa alla guerra di Russia in Ucraina, con i prezzi del gas e dell’elettricità arrivati a livelli “insostenibili” per famiglie e imprese, con picchi di oltre 300 euro per megawattora sul mercato di riferimento di Amsterdam (oltre 10 volte il valore storico).
Dal Pnrr al tetto al prezzo del gas, le battaglie di Draghi in Europa
Il tema dei prezzi dell’energia è una delle questioni che Draghi “lascia aperta” sul tavolo delle relazioni tra Roma e Bruxelles. “Abbiamo spinto a livello europeo per un tetto massimo sul prezzo del gas che importiamo”, ha rivendicato il premier, ricordando l’opposizione di alcuni Paesi (che non cita, ma il riferimento è in primis alla Germania e ai Paesi Bassi) che “continuano a opporsi nel timore che la Russia possa interrompere le forniture”. Ad oggi, però, Mosca ha dimostrato di poter interrompere a piacimento le forniture all’Europa e questo, a detta del premier, “ha mostrato i limiti di questa posizione, oggi l’Europa si trova di fronte all’incertezza delle forniture e anche a prezzi esorbitanti”.
Al prossimo Consiglio europeo che si terrà in ottobre, “la Commissione europea presenterà una proposta sul tetto al prezzo del gas”, ha affermato. Draghi ammettendo però di non sapere come sarà accolta “perché le posizioni sono distanti”. La realtà è che il mese scorso l’Esecutivo europeo ha fatto sapere solo di star “valutando con urgenza le diverse possibilità di introdurre massimali di prezzo per il gas” e che a tal fine sta consultato gli Stati membri (e i partner internazionali, eventualmente)” sulla proposta di fissare un tetto al prezzo del gas a livello europeo. Conclusa la consultazione, ha chiarito ancora, l’esecutivo riferirà in autunno “con proposte specifiche, se necessario”. Quindi non è ancora chiaro quale forma potrà assumere la proposta. Da Bruxelles arriverà anche la proposta di slegare il costo dell’energia elettrica prodotta da rinnovabili da quella in arrivo dal gas, “è un legame che oggi non ha più senso”, ha concordato il premier, riconoscendo che su questa “riflessione ci dovrebbe essere molto più sostegno da parte degli altri Paesi”. Il tema è stato affrontato anche all’ultimo Consiglio energia su iniziativa della Grecia e in effetti raccoglie più consensi a livello europeo del tetto sul gas importato, su cui invece la Commissione ritiene che sia necessario stabilirlo a livello internazionale in coordinamento con gli altri partner.
Sul piano della sicurezza energetica il premier si mostra tranquillo. “Abbiamo ridotto in modo significativo le nostre importazioni (energetiche, ndr) dalla Russia” con quello che ha definito “un cambio radicale” nella politica energetica italiana realizzato in pochi mesi. L’anno scorso le importazioni da Mosca erano il 40 per cento di quelle totali, oggi in media è circa la metà. Draghi è anche convinto che rispettando i tempi di realizzazione e istallazione dei rigassificatori (che consentono di rigassificare il gas naturale liquefatto (GNL) e dunque accedere a più fornitori), l’Italia potrebbe “essere indipendente dal gas russo già dall’autunno 2024”. Anche oggi un’interruzione totale delle forniture dal Cremlino “non avrebbe l’impatto che avrebbe avuto tempo fa”, ha sottolineando annunciando che gli stoccaggi sono ormai pieni all’80 per cento della capacità, l’obiettivo richiesto da Bruxelles a tutti i governi da raggiungere entro il primo novembre. Fiducioso di arrivare al 90 per cento entro ottobre.
La credibilità in Europa cui fa cenno Draghi passa soprattutto attraverso il piano piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), con cui accedere alle risorse europee del Next Generation EU varato per la ripresa economica dalla pandemia. Forse l’eredità più ingombrante e incombente che Draghi lascia al suo successore, chiunque sia. “La maggioranza degli italiani si aspetta da tempo riforme e investimenti che rendano l’economia più efficiente, equa, sostenibile, che mettano al centro del Paese il Sud, i giovani, le donne. L’erogazione dei finanziamenti del Pnrr – pari a 191,5 miliardi di euro – dipende dalla valutazione che la Commissione Europea fa del piano e della sua attuazione. “Dipende, quindi, dalla nostra capacità di realizzare le politiche innovative che abbiamo ideato nei tempi stabiliti, come abbiamo fatto sinora”, ha aggiunto, sottolineando che il governo, se pure dimissionario è al lavoro per raggiungere il più alto numero di obiettivi possibile prima di lasciare Palazzo Chigi. E probabilmente è quello in cui sperano anche a Bruxelles.