Bruxelles – Tra le proposte dei partiti durante la campagna elettorale in vista del voto del 25 settembre, è chiara la volontà di diverse forze politiche di mettere mano alle politiche sull’istruzione per allineare l’Italia agli “standard europei”. La questione è già emersa con la proposta del Partito Democratico di alzare gli stipendi dei docenti e ha trovato una conferma nei programmi di altre due liste: quella dei Verdi-Sinistra Italiana, alleati di coalizione del Pd, e il cosiddetto terzo polo formato da Azione e Italia Viva. I primi spingono sulla gratuità del sistema scolastico dal nido all’università e mettono in luce la necessità di un’università di massa per invertire la tendenza italiana del bassissimo numero di giovani laureati. I secondi propongono una revisione dei cicli scolastici, compreso l’innalzamento dell’età dell’obbligo scolastico.
Considerando il programma dell’Alleanza Verdi-Sinistra, la proposta-cardine in materia di istruzione è quella della “gratuità dell’istruzione, dal nido all’università, per tutte e tutti“: al centro della questione c’è la necessitò di “riaprire l’accesso di massa all’università”, considerato che l’Italia “è agli ultimi posti in Europa per numero di laureati”. Una considerazione che trova riscontro nei dati Eurostat sulla quota di laureati nella fascia 25-34 anni nei 27 Paesi membri dell’Unione Europea: se la media Ue è del 41,2 per cento, in Italia si ferma a meno di un giovane su tre (28,3 per cento). La percentuale è la più bassa di tutta l’Unione, appena dopo la Romania (23,3), pari alla metà dei Paesi Bassi (57,5) e inferiore anche a Ungheria (32,9), Bulgaria (33,6) e Repubblica Ceca (34,9). Lontanissimi gli Stati membri Ue sul podio: sfiorano i due terzi il Lussemburgo (62,6 per cento) e l’Irlanda (61,7), mentre Cipro è al 58,3 per cento.
Per quanto riguarda il programma L’Italia, sul serio della lista Azione-Italia Viva, il capitolo della riforma dell’istruzione in Italia prevede di “portare l’obbligo scolastico da 16 a 18 anni” e di “rivedere i cicli scolastici a parità di tempo scuola frequentato: da 13 a 12 anni, con termine delle superiori a 18 anni e anticipo dell’ingresso dei giovani all’università e nel mondo del lavoro, allineandoci agli standard europei”. Sul fronte dell’obbligo scolastico, l’Italia è già in sintonia con le tendenze della maggior parte dei Paesi membri: anche gli studenti di Bulgaria, Francia, Grecia, Irlanda, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Slovacchia, Spagna e Ungheria sono tenuti a frequentare la scuola fino ai 16 anni, mentre in Austria, Cipro, Croazia, Malta e Slovenia fino ai 15. La proposta del terzo polo porterebbe l’Italia nel gruppo di Stati Ue in cui l’obbligo è in vigore fino al compimento della maggiore età, insieme a Belgio, Lettonia, Polonia, Portogallo, Romania e Svezia.
Non è molto diverso il discorso nemmeno se si considera l’età minima in cui si può accedere all’università (considerato il numero di anni previsti dal ciclo scolastico), nonostante quanto affermato dal programma del terzo polo. A livello generale, uno studente in Italia inizia il suo percorso all’età di 6 anni con la scuola primaria e lo termina a 19 anni con l’ultimo anno di scuola secondaria superiore. Senza considerare la situazione specifica di ogni Paese Ue nella divisione tra scuola media e scuola superiore e le differenze tra scuole professionali e licei, si può dire che anche in questo caso l’Italia è a tutti gli effetti in linea con un gruppo consistente di Stati membri Ue: si tratta principalmente del blocco settentrionale e orientale, che comprende Bulgaria, Estonia, Finlandia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Svezia e Slovenia. In 11 i Paesi gli studenti terminano gli studi superiori a 18 anni (Austria, Belgio, Cipro, Croazia, Danimarca, Francia, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna e Ungheria), mentre in Irlanda e Grecia a 17 e in Germania tra i 18 e i 19, a causa di un sistema scolastico particolarmente complesso.