Bruxelles – Un accordo per superare le divergenze tra Stati Uniti e Iran e salvare l’accordo sul nucleare iraniano sembra più vicino. L’Unione europea “sta studiando, insieme ai suoi partner” internazionali la risposta che Teheran ha inviato ieri sera (15 agosto) al “testo finale” proposto da Bruxelles alla fine di luglio per salvare lo storico accordo sul nucleare del 2015. E superare oltre un anno di stallo nei negoziati tra Stati Uniti e Iran.
La conferma che Bruxelles ha ricevuto la risposta del governo iraniano è arrivata questa mattina da un portavoce dell’Alto rappresentante dell’Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell. “Stiamo studiando (la risposta, ndr) e ci stiamo consultando con gli altri partecipanti al JCPOA (l’accordo del 2015, il ‘Joint Comprehensive Plan of Action’) e gli Stati Uniti sulla strada da percorrere”, ha chiarito il portavoce dell’esecutivo, senza commentare le tempistiche sulla risposta da parte dell’Ue o fornire dettagli sul contenuto della controproposta.
Lo storico accordo risale al 2015 ed era stato concluso tra l’Iran da un lato e Stati Uniti, Gran Bretagna, Cina, Francia, Germania e Russia, dall’altro. Si tratta di un accordo politico (non legalmente vincolante) e prevedeva una limitazione alla capacità dell’Iran di sviluppare la tecnologia utile alla creazione di armi nucleari, vedendo riconosciuto in cambio un alleggerimento delle sanzioni internazionali imposte all’economia iraniana. Un tentativo di placare il timore di molti Paesi occidentali che il governo di Teheran potesse usare il programma nucleare per lavorare armi nucleari. L’intesa è saltata appena tre anni dopo. Nel 2018, l’allora presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato l’uscita unilaterale dall’accordo e la ripresa di alcune sanzioni economiche da parte di Washington (anche nel settore petrolifero), che hanno spinto Teheran a venire meno agli obblighi dell’accordo circa un anno dopo, superando il tasso di arricchimento dell’uranio autorizzato e arrivando nel 2021 a produrre uranio arricchito (utile per la produzione di energia nucleare) al 60 per cento.
“Ciò che può essere negoziato è stato negoziato ed è ora in un testo finale. Ma dietro ogni questione tecnica e ogni paragrafo si cela una decisione politica che deve essere presa nelle capitali”, scriveva l’alto rappresentante Borrell lo scorso 8 agosto, annunciando di aver consegnato il testo finale della proposta nelle mani di Usa e Iran, nel tentativo di mediare un accordo.
What can be negotiated has been negotiated, and it’s now in a final text.
However, behind every technical issue and every paragraph lies a political decision that needs to be taken in the capitals.
If these answers are positive, then we can sign this deal.
— Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) August 8, 2022
Dopo mesi di stallo, i colloqui sono ripresi lo scorso 4 agosto in Austria, a Vienna, per salvare l’accordo sotto l’egida dell’UE. Se Washington si è detta pronta a siglare l’accordo mediato da Bruxelles in tempi rapidi, il ministro degli Esteri dell’Iran, Hossein Amirabdollahian, ha esortato Washington a mostrare “flessibilità” per risolvere tre questioni che per Teheran restano aperte sul tavolo e che, a detta del capo della diplomazia iraniana, sono imprescindibili per finalizzare un accordo politico. “Le differenze sono su tre punti, sui quali gli Stati Uniti hanno verbalmente espresso flessibilità in due casi, ma questo dovrebbe essere incluso nel testo”, ha riferito l’agenzia di stampa iraniana Irna, citando Amirabdollahian. Tra le questioni “aperte” da parte iraniana, la garanzia che l’accordo sia sostenibile e sul fatto che nessun futuro presidente degli Stati Uniti possa rinnegarlo, come fece Trump nel 2018.