Bruxelles – Uno dei temi più sfruttati dalle formazioni politiche di destra in Italia nel corso della campagna elettorale è quello della migrazione e l’asilo. In vista del voto del 25 settembre, da alcuni giorni la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, sta insistendo sulla promessa di applicare un blocco navale sulle coste del Nord Africa. Per dimostrare la forza della sua posizione, Meloni ha citato una proposta del 2017 della Commissione Europea, che avrebbe previsto proprio questo tipo di azione militare davanti alle coste della Libia per affrontare la situazione migratoria lungo la rotta del Mediterraneo centrale.
La promessa elettorale della presidente di Fratelli d’Italia e del Partito dei Conservatori e Riformisti Europei (Ecr) presenta due livelli di problematicità. Il primo è di natura contenutistica – ovvero va incontro a diversi paletti che la rendono impraticabile secondo il diritto internazionale – mentre il secondo è di tipo propagandistico: la Commissione Ue non ha mai proposto un blocco navale, sicuramente non nel 2017 tra le azioni suggerite al vertice di Malta per la gestione delle frontiere esterne dell’Unione.
Chi oggi blatera che “il #BloccoNavale non si può fare perché è un atto di guerra” dimostra la sua totale ignoranza sul tema immigrazione
— Giorgia Meloni (@GiorgiaMeloni) August 6, 2022
Per quanto riguarda l’aspetto contenutistico, un blocco navale rappresenta un’azione militare per impedire l’accesso e l’uscita di navi dai porti di un determinato territorio e, in questo caso specifico, per prevenire le partenze di persone migranti dirette verso il continente europeo in generale e l’Italia in particolare. Prima di tutto, quest’azione violerebbe il principio di non-refoulement (non-respingimento) secondo l’articolo 33 della Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati: “Nessuno Stato contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche”. A questo si aggiunge poi il fatto che un blocco navale sarebbe contrario anche allo stesso diritto dell’Unione Europea, che sancisce nei suoi Trattati fondanti il diritto di asilo e alla protezione internazionale: “L’Unione sviluppa una politica comune in materia di asilo, di protezione sussidiaria e di protezione temporanea, volta a offrire uno status appropriato a qualsiasi cittadino di un Paese terzo che necessita di protezione internazionale e a garantire il rispetto del principio di non respingimento“, si legge all’articolo 78 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (Tfue).
In altre parole, il blocco navale proposto da Meloni si configurerebbe come un pushback, un respingimento illegale di persone con diritto alla protezione internazionale ai confini dell’Unione Europea (dal momento in cui sui barconi in partenza dal Nord Africa potrebbero esserci potenziali richiedenti asilo). A queste evidenze, che chiariscono l’impraticabilità della promessa elettorale di Fratelli d’Italia in materia di migrazione e asilo, si aggiunge la questione propagandistica che coinvolge direttamente l’Unione Europea. “Il blocco navale europeo in accordo con le autorità del Nord Africa che propone FdI è l’attuazione di quanto proposto dall’Ue già nel 2017 e ribadito più volte“, ha scritto lo scorso 6 agosto su Twitter la leader Meloni, attaccando “chi oggi blatera che il blocco navale non si può fare perché è un atto di guerra” di dimostrare “totale ignoranza sul tema immigrazione”.
La proposta tuttavia non trova nessun riscontro a livello Ue. Anzi, il riferimento alla presunta proposta della Commissione Europea di cinque anni fa è privo di fondamento (gli stessi titoli dei quotidiani citati non corrispondevano alla realtà dei fatti). Era il primo giugno del 2017 e l’allora alta rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, rispondeva a un’interrogazione parlamentare sulla comunicazione del 25 gennaio dello stesso anno sulle “misure aggiuntive per rafforzare il lavoro dell’Ue lungo la rotta del Mediterraneo, in particolare con e intorno alla Libia”. L’alta rappresentante Mogherini metteva chiaramente nero su bianco che tali misure “non includono una proposta di blocco navale davanti alle coste della Libia”. Si annoveravano invece una serie di misure “in linea con il diritto internazionale”, tra cui l’ampliamento dei programmi di formazione della Guardia costiera libica (come l’operazione Sophia, conclusa nel marzo 2020), l’aumento dei rimpatri volontari “assistiti dalla Libia” e il “rafforzamento della gestione dei flussi di migranti attraverso la frontiera meridionale”, in particolare con il Niger.