Bruxelles – Migranti, minori non accompagnati e ricongiungimento famigliare, la Corte di giustizia dell’UE fa chiarezza. Con tre sentenze diverse, l’organismo di Lussemburgo contribuisce a sancire il primato del diritto della famiglia. Tre casi diversi, tutti aventi in comune domande di asilo nel territorio dell’Unione europea. Innanzitutto si chiarisce che quando ci sono minori soli il regolamento di Dublino, il principale dispositivo sulle regole in materia di asilo, va preso in esame “in combinato” con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Così facendo risulta sempre valido il diritto di ricorso giurisdizionale al minore non accompagnato che si vede respinta la richiesta di accoglienza e protezione nel Paese dove già si trova un familiare o un parente.
C’è poi la situazione di un minore che arriva tutto solo in Europa, fa domanda di protezione presso le competenti autorità nazionali del Paese di arrivo, che è diverso però dal Paese UE in cui si trovano le persone a cui intende unirsi. Per essere chiari, se la persona in questione chiede protezione in Spagna, le autorità spagnole non possono respingere il migrante e la sua domanda per il fatto che i familiari si trovano nei Paesi Bassi. Non è una motivazione sufficientemente valida per bollare come “inammissibile” questa richiesta, che va presa in considerazione.
Infine, se un cittadino extra-comunitario intende raggiungere in Europa il figlio emigrato, che ha ottenuto protezione quando era minorenne e che nel frattempo ha raggiunto la maggiore età, il visto non può essere negato. “E’ contrario al diritto dell’Unione”, sostengono i giudici di Lussemburgo, in particolare risulta contraria alla direttiva sul ricongiungimento familiare del 2003. E’ opinione della Corte che anche “visite occasionali e contatti regolari possono essere sufficienti per considerare che queste persone stanno ricostruendo relazioni personali e affettive e per attestare l’esistenza di una efficace vita della famiglia”.