Bruxelles – Il Consiglio dell’Ue punta il tutto per tutto sulla riunione dei ministri dell’Energia di domani (26 luglio) per approvare il piano presentato da Bruxelles per ridurre la domanda di gas. “Non ci saranno piani B” se non dovesse esserci un accordo domani, quindi la presidenza della Repubblica ceca al Consiglio Ue farà di tutto per trovare un’intesa tra i Ventisette ministri dell’energia. A riferirlo un funzionario europeo, mentre ancora era in corso la riunione degli ambasciatori presso l’Ue al Coreper, dove i rappresentanti degli Stati membri hanno riscritto in molti punti la proposta della Commissione di tagliare la domanda di gas del 15 per cento tra agosto e marzo su base volontaria, nell’ottica di rendere l’obiettivo vincolante e obbligatorio per tutti in caso di crisi di approvvigionamento.
La proposta per prepararsi ai tagli da Mosca ha incontrando la resistenza di molti Stati Ue, divisi tra chi si è opposto all’obiettivo perché vincolante e chi si è detto contrario a conferire più poteri a Bruxelles per lanciare lo stato d’allerta. Gli ambasciatori hanno discusso oggi una proposta rivista, in cui viene mantenuto l’obiettivo volontario per tutti i Paesi di ridurre del 15 per cento il consumo di gas tra il primo agosto e il 31 marzo (sulla media dei consumi degli ultimi cinque anni), ma con una serie di esenzioni “per trovare il più ampio consenso possibile sulla proposta” e modificando anche le condizioni con cui è possibile dichiarare lo stato di emergenza. La presidenza del Consiglio Ue, in mano alla Repubblica ceca, è convinta di conservare il target del 15 per cento su base volontaria perché scatterebbe solo di fronte “scenario di crisi” e abbassare il target renderebbe ancora più difficile raggiungere l’obiettivo di risparmiare i 45 miliardi di metri cubi di gas. Il Consiglio lavora, però, a delle deroghe per avvicinare le posizioni dei Paesi ancora contrari, intanto per quelli che non sono collegati alla rete centrale del gas dell’Ue, come Malta e Paesi insulari, o che non dipendono fortemente dal gas russo, come la Spagna e il Portogallo.
Si cercherà una deroga anche per i Paesi baltici “più dipendenti dalle forniture russe” e per gli Stati con gli stoccaggi di gas più pieni, per i quali si potrebbe andare incontro a un obiettivo inferiore. Allo studio anche alcune esenzioni per alcuni settori industriali critici, anche se nella proposta originaria della Commissione europea si lascia ampio margine di manovra agli Stati membri per decidere dove e come andare a tagliare, quali settori industriali andare a colpire proteggendo quanto possibile le famiglie. Quanto alla dichiarazione dello stato d’allerta di fronte a una crisi di approvvigionamento – ovvero la condizione per il passaggio da facoltativo a obbligatorio dell’obiettivo del 15 per cento del consumo di gas da agosto a fine marzo – gli Stati propongono di avere un ruolo rafforzato rispetto alla Commissione. Secondo l’ultima versione della bozza, che finirà domani sul tavolo dei ministri, lo stato d’allerta può attivarsi secondo due modalità: la Commissione Ue può proporlo ma deve essere approvato dalla maggioranza qualificata del Consiglio; oppure l’attivazione può essere richiesta da cinque Stati membri, mentre la proposta della Commissione ne prevedeva tre. Rispetto alla proposta originaria di Bruxelles, inoltre, gli Stati vogliono inoltre che il regolamento duri solo un anno con possibilità di proroga (l’esecutivo ne chiedeva due). I ministri dell’energia si incontreranno domani a Bruxelles per il via libera alla proposta rivista. In Consiglio serve una maggioranza qualificata per approvarla, quindi 15 paesi su 27 che rappresentino almeno il 65 per cento della popolazione totale dell’Ue.
Lo scorso anno, l’Unione europea ha fatto affidamento sulla Russia per oltre il 40 per cento delle sue forniture di gas, (circa il 10 per cento del suo fabbisogno energetico complessivo).
Dallo scorso anno, le forniture di gas russo all’UE sono diminuite notevolmente: in parte, dopo l’impegno assunto a livello politico dai governi per affrancarsi energeticamente da Mosca; in parte, perché il Cremlino stesso ha iniziato a usare l’energia come arma tagliando o riducendo le forniture a molti Paesi dell’Unione europea. Secondo le stime di Bruxelles, a giugno 2022 i flussi di gas dalla Russia all’UE sono stati inferiori al 30 per cento della media del periodo 2016-2021. I flussi di gas dalla Russia attraverso la Bielorussia si sono fermati e sono costantemente diminuiti attraverso l’Ucraina. Sospese anche le forniture agli Stati baltici, alla Polonia, alla Bulgaria, alla Finlandia. La fornitura a diversi paesi, tra cui Polonia, Germania, Austria, Danimarca, Slovacchia, Paesi Bassi e Italia è stata ridotta. Da metà giugno 2022, i flussi attraverso il Nord Stream 1, una delle più grandi rotte di importazione verso l’UE, sono stati ridotti del 60 per cento.