Bruxelles – La crisi di governo in Italia non ci voleva. Non ci voleva per il Paese, non ci voleva per l’Unione europea, perché c’è tutta la partita del piano per la ripresa che rischia di farne le spese. Il vero nodo è questo, il rischio che s’inceppi la macchina responsabile di attuare un piano ambizioso. La preoccupazione traspare a Bruxelles nella risposta che il vicepresidente esecutivo della Commissione, Valdis Dombrovskis, offre a un’interrogazione sulla strategia nazionale di rilancio. “Gli attuali aumenti dei prezzi e l’interruzione delle catene di approvvigionamento possono avere un impatto diretto sulla realizzazione di alcuni investimenti”, spiega il lettone. Se già così, per ragioni che non dipendono dall’Italia, si intravedono incertezze sulla capacità di fare ciò che è stato promesso, una caduta del governo e nuove elezioni non fanno che aggravare la cosa.
Non si vuole mettere pressione all’Italia. Ci sono altri Stati membri alle prese con instabilità politica, ma quello italiano è il principale beneficiario del Meccanismo per la ripresa NextGenerationEU e del suo Recovery fund. Ci sono in 191,5 miliardi di euro da spendere per tempo e bene, tra prestiti (122,6 miliardi) e garanzie (68,9 miliardi). E’ stato messo in chiaro fin dall’inizio che ripetere l’esperienza di NextGenerationEU e procedere alla creazione di debito comune potrà essere possibile solo se questa prima assoluta funziona, e il successo dipende soprattutto dalle capacità italiane, ora in discussione per dinamiche tutte domestiche che non aiutano a dare rassicurazioni e che, al contrario, generano fonti preoccupazione.