Abbiamo il dovere di far sentire forte e chiara la nostra voce, nell’interesse dei consumatori e dei cittadini europei, contro quanto può accadere nel Parlamento italiano, in barba agli impegni assunti dall’Italia con l’Ue in materia di Pnrr. La legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021 che, come dice il nome, è prevista per portare il diritto italiano in linea con le norme sottoscritte dal paese a livello unionale, rischia di essere stravolto, almeno per quanto riguarda il trasporto locale non di linea.
Su come il settore vada regolato dai paesi membri, ha fatto chiarezza la comunicazione della Commissione Europea dello scorso febbraio “su un trasporto locale di passeggeri su richiesta (taxi e veicoli a noleggio con conducente) ben funzionante e sostenibile” (2022/C 62/01). Basterebbe che il legislatore italiano adottasse quanto lì indicato e l’equilibrio tra interessi delle diverse categorie di trasportatori e quello – almeno per noi certamente prevalente – dei consumatori, troverebbe soddisfazione. Invece no: il Parlamento, sotto il ricatto di interessi particolari accompagnato da minacce anche fisiche, assedi ai palazzi delle istituzioni, scioperi, fa intravvedere l’eventualità che la posizione del governo espressa nel Disegno di Legge inviato al Senato lo scorso dicembre, possa essere emendata in favore di interessi corporativi o addirittura stralciata.
Abbiamo incontrato tutte le forze politiche negli scorsi mesi. Non ci siamo sorpresi che quelle tradizionalmente favorevoli agli interessi corporativi abbiano – con sincerità e coerenza con la propria storia, mi vien da dire – rappresentato comprensione per le posizioni degli imprenditori che si battono per una mobilità sostenibile e aperta al diritto europeo, confermando al tempo stesso la loro linea. Ci sorprendiamo invece che partiti che dicono di battersi per l’impresa e il lavoro che essa costruisce con fatica quotidian, manifestino oggi posizioni da voltagabbana. Alla Camera, assistiamo addirittura alla proposta di un emendamento/stralcio del quale si rendono protagonisti esponenti del partito Democratico, lo stesso che al Parlamento Europeo ha presentato, con firma della sua capogruppo e vice presidente del Parlamento, Pina Picierno, già in aprile, un’interrogazione alla Commissione con richiesta di risposta scritta, rivendicando in particolare che cessi in Italia la violazione del diritto di stabilimento nel settore del noleggio auto con conducente. Nell’interrogazione veniva citato esplicitamente il caso di un nostro associato sloveno, che si vede negare il sacrosanto diritto ad operare in Italia, in violazione dell’articolo 49 TFUE.
Come ho dichiarato a più riprese anche su autorevoli quotidiani nazionali, ho dato atto alla vice ministro del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, che ha a più riprese convocato nei suoi uffici i rappresentanti delle organizzazioni private di settore, di aver cercato in ogni modo di far ragionare le categorie degli irriducibili che ritengono di poter impunemente utilizzare l’arma degli scioperi violenti per mantenere l’attuale situazione, contraria al diritto comunitario. Ho offerto alla viceministro la disponibilità Ncc a collaborare ad eventuali tavoli tecnici che fissino regole adeguate a traghettare il trasporto locale non di linea verso una situazione compatibile con i principi fissati dal diritto Ue sullo stabilimento e la concorrenza. Al tempo stesso ho invitato il governo a tirare dritto per la sua strada. L’articolo 10 del decreto ora in discussione alla Camera, può e deve essere migliorato in direzione del pieno rispetto del diritto comunitario, non addirittura abolito o depotenziato. I deputati e i senatori che sono pronti allo stralcio o a misure peggiorative contrarie al diritto comunitario, si prendono grandi responsabilità. Senza concorrenza il mercato muore, e senza rispetto del diritto di stabilimento si cancellano le conquiste del mercato interno Ue. Rispetto alle misure che i governanti italiani e i parlamentari italiani che siedono al Parlamento Europeo approvano per consentire ai 27 di costruire insieme un mercato che abbia sempre maggiore qualità ed efficienza, e sia sempre più produttivo di benessere e ricchezza, il parlamento italiano dovrebbe preoccuparsi di far avanzare le nostre leggi non addirittura farle arretrare. Basterebbe mettersi dalla parte dei cittadini e di chi si sposta per lavoro o turismo, per capire cosa vuole la gente. E la gente va rispettata.
La Commissione, in particolare il commissario Gentiloni e la commissaria ai Trasporti Adina Vălean devono smettere di tenere la
testa sotto la sabbia come lo struzzo. In Italia esiste il gravissimo rischio che il governo ritiri i provvedimenti proposti dal presidente del Consiglio al legislatore lo scorso dicembre (Senato, DDL n. 2469) volti anche ad aprire il paese al diritto di stabilimento e di concorrenza Ue nel trasporto locale di passeggeri su richiesta. Se quelle norme non passano, l’Italia continuerà a violare l’art. 49 TFUE, in evidente contrasto con la richiamata comunicazione della Commissione di febbraio.
Non devo certo spiegare io alla Commissione quale è il suo dovere, in questi casi. Potrebbe intervenire d’ufficio, ma sul suo tavolo ha addirittura una denuncia vecchia di troppi mesi, sulla quale non si esprime. Intervenga prima che sia troppo tardi. Quando una libertà fondamentale dell’Unione non è rispettata da uno stato membro, la Commissione deve – sottolineo deve – chiedere allo stato membro di fornire giustificazioni alla sua violazione, ai sensi dell’art. 258 Tfue. Toccherà allo stato difendersi e spiegare, ammesso che ne abbia, le sue buone ragioni nel discostarsi dalla norma UE. Aims è così convintamente europeista, da aver adottato nel suo sito e nelle sue caselle di posta elettronica, la desinenza .eu. Non ci facciano ricredere i commissari di Bruxelles. Sono i custodi del diritto comune dei popoli europei. Facciano il loro lavoro. Quickly, please!