Bruxelles – Esecutivi traballanti, maggioranze in crisi, malumori interni, debolezze politiche. La democrazia e le sue logiche presentano il conto ad una parte dell’Unione europea, dove il vento di crisi di governo soffia su almeno otto Stati membri. Quasi un terzo del blocco a dodici stelle è a rischio scossoni, e l’Ue si ritrova esposta ad un rimescolamento di carte ed equilibri, domestici e a dodici stelle. Le turbolenze del momento non fanno distinzioni tra Paesi fondatori e ultimi arrivati, nord o sud. Eunews fa una mappa della fragilità politica, tra crisi esplose o in procinto di esplodere.
ITALIA
“Cade o non cade?”. Ormai in Italia ci si riferisce al governo Draghi come se si trattasse della classica margherita da sfogliare. Il Movimento 5 Stelle non ha votato il dl Aiuti aprendo la crisi e chissà, potrebbe voler lasciare la maggioranza. Mario Draghi ha presentato le dimissioni al capo dello Stato, Sergio Mattarella, che le ha respinte, e invitato il presidente del Consiglio di tornare in Parlamento per verificare se c’è ancora una maggioranza per andare avanti. Forza Italia aveva già chiesto una verifica dei partiti che sostengono il presidente del Consiglio e il coordinatore unico del Partito, Antonio Tajani, ha messo in chiaro che “non ci sarà un altro governo dopo quello Draghi”. Anche se da un punto di vista pratico “ci sarebbero ancora in numeri per andare avanti, è stato Draghi a dire che non intende andare avanti con un governo indebolito”, e dunque tutto è appeso alle scelte del leader pentastellato Conte. Anche il Pd preferirebbe il voto anticipato in caso di crisi di maggioranza. Situazione critica ma non di crisi vera. Non ancora. Ma ‘super Mario’ è in bilico.
FRANCIA
Turbolenze anche nella Francia di Emmanuel Macron, dove l’inquilino dell’Eliseo ha perso la maggioranza assoluta all’Assemblea nazionale alle ultime elezioni di giugno. Le politiche economiche del presidente francese che hanno indotto i partiti di opposizione della sinistra a chiedere un voto di sfiducia, che non ha raccolto i consensi necessari per aprire la crisi. Appena 146 ‘oui’ su una soglia richiesta di 289 voti, ma il presidente di NUPES all’Assemblea nazionale, Mathilde Panot, accusa Macron di essere “il presidente delle lobby”. Intanto la stessa camera alta del Parlamento francese ha respinto la proposta di conferire al governo i poteri di chiedere ai viaggiatori di mostrare una prova di vaccinazione o un test Covid-19 negativo quando si entra in Francia. Una dimostrazione pratica della perdita di slancio del macronismo, e della sua capacità di incidere.
DANIMARCA
Anche sul versante scandinavo non mancano smottamenti politici. La commissione d’inchiesta parlamentare ha stabilito che l’abbattimento di massa dei visoni decretato dal governo danese per rispondere all’emergenza COVID-19 mancava di una base giuridica. Alti funzionari e membri del governo sono ora accusati di gravi omissioni e uno dei partiti che sostengono il governo di minoranza socialdemocratica del primo ministro Mette Frederiksen chiede nuove elezioni al più tardi quest’autunno.
IRLANDA
Nuove elezioni non sono previste prima di febbraio 2025, ma questo non dà alcuna garanzia ad un governo che non sembra navigare in ottime acque. Con una maggioranza di appena due seggi, la coalizione Fianna Feil (liberali membri dell’Alde) – Fine Gael (cristiano-democratici membro del Ppe) – Verdi è appena passata indenne ad un voto di sfiducia preteso da Sinn Fein, partito all’opposizione, per un’Irlanda unita, in crescita di consenso e alla ricerca di elezioni anticipate. La leader di Sinn Fein, Mary Lou McDonald, sta cercando di attrarre i parlamentari indipendenti, cercando di non convincerli a sostenere la maggioranza.
UNGHERIA
Leadership di Viktor Orban messa in discussione da un’inflazione crescente, la più alta da vent’anni, e un valore del Fiorino in caduta libera. Una parte della popolazione è scesa in strada, per protestare contro la perdita di potere d’acquisto. A Budapest manifestanti hanno bloccato un ponte e rallentato il traffico su un altro ponte sul Danubio, ma manifestazioni di protesta hanno avuto luogo anche in altre città. Fa discutere anche la decisione di aumentare le tasse per le piccole imprese, con i partiti di opposizione che accusano quelli di maggioranza di stritolare l’economia mettendo a rischio le stesse imprese e posti di lavoro.
BULGARIA
Lo spettro di elezioni anticipate aleggia sulla Bulgaria, nel pieno di una crisi politica a cui il presidente Rumen Radev è deciso a porre fine anche con voto anticipato a ottobre se i partiti non sapranno trovare una nuova maggioranza. Il Paese è entrato in crisi a inizio giugno, quando C’è un popolo come questo (Itn), partito conservatore euro-scettico, è uscita dalla coalizione tetra-partito di governo. L’ex partito al governo GERB guidato dall’ex primo ministro Boyko Borisov ha chiesto e e ottenuto un di sfiducia e il governo di Kiril Petkov è stato estromesso. A Borisov, figura controversa, l’incarico di provare a trovare una nuova maggioranza, quale ultimo tentativo di evitare il voto.
SLOVACCHIA
Venti di crisi soffiano anche in Slovacchia, dove il partito conservatore Sas minaccia di uscire dalla coalizione di governo se non verrà cambiato il ministro delle Finanze, Igor Matovic, esponente di Olano, partito del primo ministro Eduard Heger. In Slovacchia il governo è formato dalla coalizione tra Olano-Sas-Sr-Zr, un’alleanza di partiti di destra che ora scricchiola, e questo mette a rischio anche l’impegno di aumentare le spese per la difesa al 2% del PIL preso con la Nato.
ESTONIA
Nella repubblica baltica la crisi di governo si è aperta a inizio giugno, quando il Partito di Centro (EK, affiliato all’ALDE) è uscito dalla coalizione. La prima ministra e leader del Partito Riformatore (ER, anch’esso affiliato ai liberali europei), Kaja Kallas, sta lottando per evitare di andare al voto anticipato. Ha annunciato le dimissioni del governo, e oggi (15 luglio), nel corso di una seduta straordinaria del Parlamento, chiederà una nuovo mandato per formare una nuova coalizione di governo.
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