Bruxelles – La Commissione europea propone di vietare la vendita di prodotti a base di tabacco riscaldato aromatizzato nell’Ue.
Questa proposta nasce in risposta al notevole aumento dei volumi di prodotti del tabacco riscaldati venduti nell’UE, spiega la Commissione, una cui recente relazione ha mostrato un aumento del 10 per cento dei volumi di vendita di prodotti del tabacco riscaldati in più di cinque Stati membri e, nel complesso, nell’UE, i prodotti del tabacco riscaldati hanno superato il 2,5 per cento delle vendite totali di prodotti del tabacco.
Stella Kyriakides, Commissaria per la Salute ha spiegato che “rimuovendo dal mercato il tabacco aromatizzato riscaldato, stiamo compiendo un altro passo avanti verso la realizzazione della nostra visione nell’ambito del piano europeo contro il cancro per creare una ‘generazione senza tabacco’ con meno del 5 per cento di la popolazione che fa uso di tabacco entro il 2040”.
Con nove tumori polmonari su dieci causati dal tabacco, “vogliamo rendere il fumo il meno attraente possibile per proteggere la salute dei nostri cittadini – continua la commissaria – e salvare vite umane. Azioni più forti per ridurre il consumo di tabacco, un’applicazione più rigorosa e stare al passo con i nuovi sviluppi per affrontare il flusso infinito di nuovi prodotti che entrano nel mercato, particolarmente importanti per proteggere i giovani, sono fondamentali a tal fine. Prevenire sarà sempre meglio che curare”.
In una nota Eurispes (Istituto di studi politici, economici e sociali) rileva come “la Commissione Europea ribadisce che la prevenzione è meglio della cura. Nulla da eccepire”. Ma, avverte il centro di ricerca, “allo stesso tempo, di fatto afferma che per i fumatori adulti in Europa e, quindi, anche in Italia le uniche alternative sono continuare a consumare le sigarette tradizionali, oppure smettere di fumare”. Insomma, il problema è che dall’esecutivo europeo “non viene data nessuna indicazione sulla lotta al fumo, nonostante i successi limitati di questo orientamento”.
Sulla base delle numerose ricerche condotte da Eurispes “purtroppo la maggioranza dei fumatori non vuole o non ritiene di essere in grado di smettere di fumare. Anche nell’ultima indagine campionaria in Italia (2021), il 18 per cento ha risposto ‘assolutamente no’ al quesito ‘vorrebbe smettere di fumare?’, il 26,6pct ‘dovrei ma non voglio’, il 28,5pct ‘dovrei ma credo che non riuscirei'”.
Secondo Eurispes “invece di dichiararsi preoccupati per il fatto che gli strumenti alternativi alle sigarette, come i riscaldatori di tabacco, abbiano raggiunto la cifra del 2,5 per cento delle vendite in Ue (quindi il 97,5pct continua a consumare le tradizionali sigarette, fatta salva una percentuale di fumatori passati a quelle elettroniche), la Commissione Europea potrebbe valutare la valorizzazione dei nuovi prodotti alternativi alla combustione“.
Accanto alle tradizionali politiche di lotta al fumo, spesso inefficaci, l’Eurispes ribadisce che “una attenta valutazione del ruolo dei nuovi prodotti senza combustione dovrebbe essere elemento importante delle politiche di sanità pubblica”. Si tratta, spiegano, di valorizzare i nuovi strumenti in una logica di “riduzione del rischio” e di “riduzione del danno”, riconoscendo “il ruolo e lo spazio che stanno già occupando, e che auspicabilmente è destinato ad ampliarsi”.
L’European Heart Network (Ehn) accoglie invece con favore la decisione della Commissione: “il nostro documento di ricerca – spiega in una nota l’associazione – mostra che, come le sigarette convenzionali, gli Htp (i sistemi a riscaldamento del tabacco, ndr) sono particolarmente dannosi per il sistema cardiovascolare poiché aumentano la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna. Gli Htp hanno effetti devastanti sulla salute cardiovascolare simili a quelli delle sigarette convenzionali”.
La proposta sarà ora sottoposta a un periodo di esame da parte del Consiglio e del Parlamento europeo ed entrerà in vigore 20 giorni dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale. Gli Stati membri avranno otto mesi per recepire la direttiva nel loro diritto nazionale e, dopo i tre mesi aggiuntivi di transizione, le disposizioni inizieranno ad applicarsi.