Bruxelles – Prima gli eurodeputati, ora gli Stati Ue. Arriva oggi (27 giugno) da Lussemburgo, dove sono riuniti i ministri europei dell’Energia, l’ultimo via libera formale a livello UE che renderà vincolante per i governi l’obbligo di riempire le riserve di gas ad almeno l’80 per cento della propria capacità entro il primo novembre 2022, obiettivo da portare al 90 per cento a partire dall’inverno successivo.
Un accordo tra i co-legislatori di Parlamento e Consiglio sulla proposta della Commissione europea era stato trovato a tempo di record lo scorso 19 maggio, appena due mesi dopo la presentazione da parte di Bruxelles. Ora il regolamento entrerà in vigore, dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, e sarà ufficialmente operativo prima del prossimo inverno. Obbligare gli Stati membri ad avere le riserve sotterranee di gas piene prima dell’inizio della stagione in cui la domanda è più forte, è il tentativo di cercare un approccio comune ai rischi di approvvigionamento delle forniture di gas, messe a rischio dai tagli del principale fornitore all’UE, la Russia.
Mosca, attraverso la compagnia energetica Gazprom, ha già tagliato le forniture a 12 Stati membri come ritorsione al sostegno dell’Unione europea nei confronti dell’Ucraina. La Russia è il principale fornitore dell’UE di combustibili fossili, con oltre la metà dei combustibili fossili solidi importati nel 2020 (principalmente carbone) in arrivo da lì, così come il 43 per cento del gas naturale importato. I leader dell’Ue si sono impegnati a ridurre progressivamente le importazioni dalla Russia e a rendersi indipendenti.
Se le riserve degli Stati membri devono essere piene al 80 e poi 90 per cento della capacità prima dell’inverno, secondo il regolamento sugli stoccaggi la media europea dovrebbe essere dell’85 per cento. Secondo gli ultimi dati Gie-Agsi, la media europea di riempimento sfiora il 56 per cento con l’Italia sopra la media, con un livello di riempimento al 56,06 per cento. Guida la classifica il Portogallo (100 per cento), seguito da Polonia (97 per cento), Danimarca (78,73 per cento), Repubblica ceca (74,77 per cento), Spagna (72,03 per cento), Francia (60,34 per cento) e Germania (59,93 per cento), Slovacchia (56,75 per cento).
La maggior parte degli Stati membri dell’UE (18) dispone di strutture per immagazzinare il gas sul proprio territorio, anche se le capacità di stoccaggio sono concentrate in cinque paesi (Germania, Italia, Francia, Paesi Bassi e Austria) che rappresentano due terzi della capacità totale dell’UE. Per questo, l’accordo trovato tra i co-legislatori prevede che gli Stati membri che non dispongono di proprie strutture sotterranee per mettere in riserva il gas (Irlanda, Lussemburgo, Slovenia, Grecia, Cipro, Lituania, Finlandia) possano usare temporaneamente quelle altrui, per circa il 15 per cento del loro consumo annuo di gas negli ultimi cinque anni, condividendo poi l’onere finanziario degli obblighi di riempimento con il governo “ospitante”. In questo contesto normativo, la Commissione europea ha raccomandato ai governi di siglare accordi di solidarietà bilaterale proprio in caso di crisi di approvvigionamento, anche se per il momento ne sono stati sottoscritti solo sei: tra Germania e Danimarca a dicembre 2020, ben prima dell’inizio della guerra; a partire da questo autunno, quando già i prezzi dell’energia hanno iniziato a salire sono arrivati quelli tra Germania e Austria a dicembre 2021; Estonia e Lettonia a gennaio 2022; Lituania e Lettonia a marzo 2022; Italia e Slovenia ad aprile; Finlandia ed Estonia ad aprile 2022.
Gran parte del gas importato dall’UE (con cui riempire le riserve) arriva da Mosca, dunque l’UE ha previsto che gli Stati possano raggiungere gli obiettivi europei di riempimento usando anche gas naturale liquefatto (GNL) o combustibili alternativi stoccati negli impianti. La Commissione europea darà vita a un meccanismo (volontario) per l’approvvigionamento congiunto di gas – sulla scia degli acquisti congiunti usati durante la pandemia per i vaccini – per ottenere prezzi più bassi sugli ordini di grandi dimensioni ma anche per scongiurare concorrenza tra Stati sulle forniture.
Il regolamento introduce inoltre l’obbligo per tutti gli operatori di stoccaggio presenti sul mercato europeo di avere una certificazione per poter controllare gli impianti, per evitare rischi derivanti da interferenze esterne. Il riferimento indiretto è alla compagnia energetica russa Gazprom, il principale fornitore di gas all’UE, accusato di aver mantenuto anche prima dell’inizio della guerra in Ucraina un comportamento anomalo sul mercato dell’energia e poi di aver tagliato le forniture energetiche a molti Stati membri. La commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson, definisce il via libera in seno al Consiglio “una dichiarazione di unità, determinazione e rapidità d’azione dell’UE di fronte alle mosse del Cremlino per armare le proprie esportazioni di gas”. Aggiunge che “ora è fondamentale continuare a raggiungere i nuovi obiettivi di stoccaggio e intensificare la nostra preparazione nel caso in cui la situazione peggiori ulteriormente”.