Con la scomparsa di Giuseppe ‘Beppe’ Pericu se ne va una figura di grande importanza per Genova e la Liguria, un uomo di statura eccezionale, un esponente di quell’area riformista e socialista di tecnici prestati alla politica che hanno rappresentato una delle più belle stagioni e delle più belle pagine nella costruzione della Repubblica.
Conobbi Beppe sui banchi dell’Università. Io giovane studente a Economia e Commercio, lui brillantissimo e giovane professore di Diritto Pubblico e di Diritto Pubblico dell’Economia. Erano gli anni ’70; ci faceva studiare il diritto dell’economia su un bellissimo testo di Giuliano Amato e le sue lezioni, in quegli anni caldi e intrisi di estremismo ideologico, erano una meraviglia di razionalità, lucidità, spirito pragmatico e riformista.
Dal suo angolo di giurista ci spiegava come il capitalismo italiano per la sua debolezza e arretratezza non avesse mai potuto, nella sua storia, fare a meno dello Stato e analizzava di questa presenza pregi e difetti, gloria e decadenza cercando di rappresentarci l’importanza e la complessità delle regole del rapporto tra Stato e mercato. Regole e rapporti non statici ma in continua evoluzione e influenzati dalla storia e dal trasformarsi dell’economia.
Erano lezioni meravigliose in un periodo nel quale la Facoltà aveva docenti formidabili; oltre a Pericu non posso non citare Lorenzo Caselli, Franco Bonelli, Roberto Zanelletti, Raimondo Sirotti, Carlo Castellano e tanti altri che contribuirono enormemente alla nostra formazione lasciando un segno culturale indelebile.
Il rapporto con Beppe non si è mai allentato. Dopo l’Università rimanemmo legati assai per la comune militanza nel Psi. Era uno degli intellettuali di punta del socialismo genovese e da segretario regionale del Psi lo candidai nel 1994 al Parlamento della Repubblica dove fu eletto e trascorse una breve e difficile stagione politica.
Il suo ritorno a Genova avvenne nel 1997 quando dopo una lunga discussione interna ai Democratici di Sinistra tra chi voleva proseguire con Sansa e chi invece voleva fare una scommessa riformista, fu candidato a Sindaco e vinse battendo Castellaneta al ballottaggio sia pure di stretta misura.
Fu un grande Sindaco, amato molto dai genovesi e rieletto al primo turno con oltre il 60% dei consensi. Fu il Sindaco non solo dei drammatici giorni del G8, ma anche del rilancio di Genova con la capacità che aveva di attrarre e ben utilizzare risorse nazionali, di avere visione su un futuro diverso della città, di sfruttare le occasioni come quella di Genova Capitale della cultura.
Un approccio sempre dialogante e razionale, mai ideologico, ma al contempo saldo nelle sue convinzioni, con una fermezza e una dignità che gli derivavano dalle sue origini sarde.
Siamo stati vicini tutta la vita in innumerevoli occasioni politiche, culturali, professionali. Passavamo brevi periodi di vacanza insieme in montagna e nelle lunghe passeggiate, che immancabilmente facevamo tutte le estati, ci parlavamo del passato ma anche del futuro. Continuava a nutrire un ottimismo convinto nelle prospettive di Genova e dell’Italia, senza nascondere le difficoltà ma sempre armato di quel sorriso e di quell’ironia e autoironia che davano ai nostri incontri una leggerezza e una bellezza impagabili.
Uomo di straordinario valore anche professionale, ha assistito il nostro Gruppo in molte occasioni di supporto legale e di contenziosi amministrativi. Ero sempre incantato dall’incontro con la sua intelligenza e dalla lucidità e semplicità con la quale affrontava i casi e delineava la linea di azione. Anche recentemente, coadiuvato dalla bravissima Enrica Croci, aveva avuto un grande successo per noi su una vicenda veneziana.
Un punto di riferimento insostituibile. Ci lascia soli e tristi.
Ciao Beppe.