Bruxelles – Una violazione degli obblighi internazionali, una decisione “illegale” che non poggia su “nessuna motivazione accettabile, né giuridica né politica”. Sono passate poco più di 24 ore dalla condanna del vicepresidente della Commissione UE per le Relazioni interistituzionali e le prospettive strategiche, Maroš Šefčovič, a proposito della proposta di legge britannica che modificherebbe unilateralmente il protocollo sull’Irlanda del Nord, e alle ore 11 di mercoledì 15 giugno la decisione è stata presa: Bruxelles ha scongelato una procedura d’infrazione contro il Regno Unito e ne ha attivate altre due.
Come spiegato dal vicepresidente della Commissione, l’obiettivo della procedura d’infrazione – avviata nel marzo dello scorso anno e sospesa dopo sei mesi per cercare soluzioni comuni – è quello di “ripristinare la conformità del Protocollo in una serie di settori chiave” in cui Londra “non lo ha attuato correttamente”. Si tratta in particolare della questione del periodo di grazia per il commercio nel Mare d’Irlanda, ovvero la durata della concessione temporanea ai controlli UE sui certificati sanitari per il commercio dalla Gran Bretagna all’Irlanda del Nord (che nel contesto post-Brexit sono necessari per mantenere integro il Mercato Unico sull’isola d’Irlanda). Il problema maggiore riguarda le carni refrigerate e per questa ragione si è spesso parlato di ‘guerra delle salsicce’ con Bruxelles. Il tentativo di prorogare unilateralmente il periodo di grazia da parte del governo guidato da Boris Johnson aveva scatenato lo scontro diplomatico tra le due sponde della Manica, apparentemente risolto tra luglio e ottobre dello scorso anno: l’esecutivo comunitario aveva prima sospeso la procedura d’infrazione contro Londra, per cercare poi delle soluzioni di compromesso su tutti i settori più delicati, ma senza mai mettere in discussione l’integrità della parte dell’accordo di recesso tra UE e Regno Unito siglato per garantire l’unità sull’isola d’Irlanda.
Dopo mesi alla ricerca di un’intesa mai veramente decollata, il progetto di legge al vaglio del Parlamento britannico che concederebbe a Downing Street 10 il potere di modificare unilateralmente Protocollo sull’Irlanda del Nord ha squarciato il velo del rapporto fragilissimo tra Londra e Bruxelles. “In ottobre abbiamo mostrato una flessibilità senza precedenti, con un’offerta solida che farebbe la differenza sul campo”, ha attaccato il vicepresidente Šefčovič, mostrando alla stampa tre fogli pre-compilati: “Le aziende dovrebbero compilare e firmare solo 3 pagine per ogni spedizione o solo una volta al mese, se ricorrenti. Non 300, ma solo tre”. Una dimostrazione di “come è facile lavorare insieme per semplificare la burocrazia”, che si scontra con “l’inaccettabile volontà del gabinetto britannico di decidere unilateralmente con quali merci entrare nel nostro Mercato Interno”.
Rimangono intatte le proposte di compromesso dell’ottobre dello scorso anno sulle norme doganali, sanitarie e fitosanitarie, per cui la controparte è stata invitata nuovamente a impegnarsi in un dialogo che è fermo da febbraio. Ma nel frattempo passa la linea dura, che l’esecutivo guidato da Ursula von der Leyen aveva deciso da mesi di tenere come ultima opzione. La procedura d’infrazione del marzo 2021 è stata scongelata e passa ora alla seconda fase, quella del parere motivato: se Londra non risponderà entro due mesi, la Commissione potrà valutare di deferire il Regno Unito alla Corte di Giustizia dell’UE, così come previsto dall’accordo di recesso.
Parallelamente, Bruxelles ha inviato altre due lettere di costituzione in mora (il primo passo per per aprire una procedura d’infrazione). La prima per non aver adempiuto agli obblighi previsti dalle norme sanitarie e fitosanitarie dell’UE: “Il Regno Unito non sta effettuando i controlli necessari e non sta garantendo personale e infrastrutture adeguate ai posti di controllo di frontiera in Irlanda del Nord”. La seconda per non aver fornito dati statistici commerciali relativi all’Irlanda del Nord, come previsto dal Protocollo. Il gabinetto Johnson dovrà rispondere entro il 15 agosto, adottando “misure correttive per ripristinare la conformità con i termini del Protocollo”, ha messo in chiaro la Commissione.