Bruxelles – Ogni promessa è debito. E quella fatta cinque mesi fa da Emmanuel Macron di fronte alla plenaria dell’Europarlamento di sbloccare lo stallo sulle quote rosa nei consigli di amministrazione delle aziende dell’UE, sembra che sarà mantenuta. E’ proprio a Strasburgo che ieri (7 giugno) i negoziatori di Parlamento e Consiglio hanno trovato un accordo provvisorio sulla proposta di direttiva della Commissione UE avanzata nel 2012 per portare le società quotate in borsa dell’UE a nominare almeno il 40 per cento di donne tra gli incarichi di amministratore non esecutivo o il 33 per cento di tutti i ruoli nei consigli di amministrazione.
https://twitter.com/Europe2022FR/status/1534234085731835904?s=20&t=FM4IB_moQCk69kI4JJN8Wg
La direttiva in questione è quella sulle ‘Donne nei consigli di amministrazione” (“Women on Boards”) per introdurre in UE una procedura aperta e trasparente per la selezione dei posti di lavoro e raggiungere il minimo del 40 per cento a livello comunitario. Nel 2012 era stata la commissaria europea alla Giustizia di allora Viviane Reding, lussemburghese, ad avanzare la proposta e a indicare il 2020 come termine ultimo per applicarla. La direttiva è poi rimasta dieci anni bloccata in Consiglio, avendo incontrato l’opposizione di una minoranza di Stati membri che si sono rifiutati di adottare l’obiettivo come legge a livello comunitario. Tra questi anche la Germania della prima cancelliera donna Angela Merkel e alcuni Stati nordici e baltici.
Già a gennaio la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, prima donna presidente dell’esecutivo europeo, ha visto nella presidenza francese la giusta occasione per rilanciare un dibattito necessario, complice il nuovo governo di Scholz a Berlino e il desiderio espresso dal presidente francese Emmanuel Macron di riaprire la questione. Proprio nel suo primo discorso di fronte all’Eurocamera del 19 gennaio scorso, il capo dell’Eliseo ha espresso l’intenzione di riaprire il dibattito sulle quote rosa ai vertici delle aziende europee, portando il Consiglio dell’UE ad approvare la sua posizione negoziale a metà marzo e ora a concludere il negoziato interistituzionale con l’Europarlamento a meno di un mese dalla scadenza della sua presidenza.
L’accordo sulle donne nei Cda dell’UE
Il testo finale dell’accordo provvisorio non è ancora disponibile, ma secondo una nota dell’Eurocamera le imprese dovranno rispettare l’obiettivo per cui il 40 per cento degli incarichi di amministratore non esecutivo o il 33 per cento di tutti gli incarichi di amministratore siano occupati dal sesso sottorappresentato entro il 30 giugno 2026 (il Consiglio proponeva il 31 dicembre 2027). A parità di qualifiche per lo stesso posto di lavoro, la priorità dovrebbe andare al candidato del sesso sottorappresentato.
Le società quotate saranno tenute a fornire informazioni alle autorità competenti una volta all’anno sulla rappresentanza di genere nei loro consigli e, se gli obiettivi non sono stati raggiunti, su come intendono raggiungerli. La direttiva non riguarderà le piccole e medie imprese con meno di 250 dipendenti, spiega ancora la nota, ma solo le società quotate. Secondo varie stime andrebbe a toccare quindi 2.300 aziende nell’UE. Le principali critiche mosse alla proposta della Commissione riguardavano l’assenza di sanzioni vere e proprie per il mancato raggiungimento degli obiettivi da parte degli Stati membri. Secondo l’Eurocamera, invece, l’accordo “prevede sanzioni effettive, dissuasive e proporzionate” per le società che non rispettano procedure di nomina aperte e trasparenti. Il Parlamento è riuscito a inserire esempi di “misure sanzionatorie specifiche”, anche di natura pecuniaria, nei confronti delle società.
La situazione nella UE
Durante questi dieci anni di blocco legislativo, sono comunque stati fatti progressi negli Stati membri sulla presenza di donne ai vertici delle aziende. Progressi sì, ma ancora lenti e soprattutto non omogenei e irregolari tra Stati membri: a ottobre 2021 si stimava che solo il 30,6 per cento dei membri del consiglio delle più grandi società quotate in borsa e solo l’8,5 per cento dei presidenti del consiglio fossero donne, con enormi differenze tra Paesi. Si passa dal 45,3 per cento in Francia, cui segue l’Italia poco sotto il 40 per cento, all’8,5 per cento di Cipro. Una minoranza di Paesi membri, tra cui la Francia, ha già adottato una serie di misure a livello nazionale per ottenere una rappresentanza più equilibrata di donne e uomini.
Una volta che il Parlamento e il Consiglio avranno formalmente approvato l’accordo, la direttiva entrerà in vigore 20 giorni dopo la sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell’UE e gli Stati membri avranno 2 anni di tempo per attuarla.