Sono rimasto colpito dall’interesse suscitato dal mio intervento al convegno ‘Top 500’ promosso dalla grande multinazionale della revisione PWC e tenuto la settimana scorsa in porto a Genova a bordo della nave da crociera Costa Toscana.
I concetti espressi nell’intervento sono stati ripresi in una bella intervista che Massimo Minella mi ha fatto per ‘la Repubblica’ che, spero, possa aprire una vera discussione e un’operatività sull’idea da me proposta che costituisce tra l’altro da anni anche l’architrave strategica del posizionamento internazionale di Duferco e del suo sviluppo.
Non si tratta di un concetto nuovo e molte volte in questi anni mi ci sono soffermato; oggi forse il momento è particolarmente propizio, da qui l’interesse che vado registrando.
Si tratta del tema della centralità del Mediterraneo per l’Italia e per i suoi interessi nazionali e del fatto che Genova e la Liguria, che del Mediterraneo dovrebbero essere una capitale e una regione guida, sembrano non esserne consapevoli rischiando di perdere una straordinaria opportunità di ruolo nazionale e internazionale.
Da anni sostengo che l’Italia ha un ruolo insostituibile nell’area mediterranea e cioè quello di essere un agente di equilibrio e di pacificazione ma anche un soggetto con la capacità di spiegare e diffondere i valori occidentali della libertà di pensiero, della libera impresa, delle garanzie costituzionali, del premio al merito, di un capitalismo gentile e inclusivo, di un approccio sociale ai bisogni della gente, a popoli e nazioni che, sia nella costa nordafricana che in quella adriatica dei Balcani, cercano la loro strada per lo sviluppo e guardano a noi con estremo interesse.
Una visione atlantica e occidentale ma al tempo stesso anche profondamente mediterranea.
Algeria, Libia, Tunisia, Grecia, Macedonia, Albania, Montenegro sono paesi nei quali il ruolo dell’Italia crescerà esponenzialmente nei prossimi anni se avremo chiarezza di visione e capacità di realizzare progetti concreti.
In questi paesi e con questi popoli gli italiani godono di una straordinaria empatia e simpatia. La vicinanza culturale, di appartenenti alla stessa storia e cultura, fa sì che nei nostri confronti non vi sia la stessa diffidenza o antagonismo che invece sono riservati a nazioni occidentali ben più importanti dell’Italia.
Ciò rappresenta una grande opportunità e un reale vantaggio competitivo che il sistema Italia tutto, dalle imprese alle istituzioni politiche e culturali, devono cogliere.
Dico ciò non per convinzione teorica ma perché ho sperimentato in decenni di business internazionale e di incontri e confronti questa simpatia ed empatia che, come detto, sono una grandissima opportunità per l’Italia. Sto lavorando con intensità su progetti del nostro Gruppo in questi Paesi di cui dirò qualcosa oltre.
Si diceva che il momento è particolare e particolarmente propizio. Questioni economiche e geopolitiche di strategia e sicurezza si intrecciano inesorabilmente.
La vicenda della guerra russo ucraina farà da spartiacque per lungo tempo tra un’era in cui la globalizzazione e i suoi imperativi di riduzione dei costi, di vantaggi comparati, di specializzazione produttive facevano premio su tutto a un’era nella quale anche il commercio internazionale sarà inevitabilmente guidato da principi di sicurezza e affidabilità strategica e si regionalizzerà di più.
Sull’approvvigionamento energetico e sulla sua sicurezza ad esempio la vicenda della dipendenza di buona parte dell’Europa dalla Russia lascerà un segno indelebile. Ed è falso dire che la diversificazione delle fonti attuata con acquisti da paesi politicamente ed economicamente instabili rischia di farci passare dalla padella nella brace per il semplice fatto che nessuno di questi paesi è una potenza militare e nucleare e che sta anche all’Italia e all’Europa lavorare per stabilizzarli sempre di più.
Il Mediterraneo torna strategico anche da questo punto di vista: acquisti di gas dall’Algeria, dalla Libia, dall’Egitto, da Israele che si combineranno a collaborazioni per la crescita in questi paesi nel campo delle energie rinnovabili, della produzione di idrogeno e di nuove connessioni sia elettriche che per il gas costituiranno uno straordinario banco di prova per l’Italia e per il suo sistema di imprese e ci consentiranno di sfruttare il vantaggio competitivo di cui sopra.
Siamo credibili non solo per l’empatia e la simpatia di cui godiamo ma anche perché siamo stati negli anni in quei Paesi, grazie alla nostra diplomazia e allo straordinario ruolo svolto dall’Eni e da altre imprese italiane, un veicolo di cooperazione per lo sviluppo.
Vi è una fortissima omogeneità culturale e di pensiero nel ruolo svolto dalla Farnesina e dalle nostre Forze Armate sul terreno in contesti difficili con quello giocato dall’Eni, spesso in contesti altrettanto difficili, sempre coerente con l’impostazione originaria di Enrico Mattei. Gli italiani sono abitualmente elementi di equilibrio e di dialogo, supportano le popolazioni locali, non fanno business in maniera rapace e arrogante e ciò è riconosciuto da tutti.
La consapevolezza e lealtà dell’appartenenza all’Occidente non pregiudica la possibilità di perseguire, legittimamente, i nostri interessi nazionali anche stringendo partnership al di fuori degli schemi più abituali.
Oggi poi abbiamo in Mario Draghi un primo ministro autorevole che gode di un prestigio internazionale unanimemente riconosciuto e un giovane Ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che in tempo brevissimo con straordinaria applicazione alla causa si è guadagnato credibilità e considerazione internazionale riportando, in strettissima collaborazione con Draghi, l’Italia alla grande politica estera.
Questo il contesto in cui ci muoviamo. In questo contesto Genova e la Liguria possono dire la loro in maniera importante.
Ci si lamenta, giustamente, dello scarso ruolo e peso del capoluogo e della regione nelle dinamiche della politica nazionale e della loro marginalità.
La questione mediterranea e la collaborazione strettissima con i popoli e le nazioni dell’area possono ridare a Genova e alla Liguria un ruolo primario che nessun altro può giocare in Italia.
Cosa si deve fare per cogliere questa opportunità?
Anche l’economia e il business per non essere piccolo cabotaggio o arbitraggio senza anima hanno bisogno di una visione del mondo e di una storia a cui agganciare la visione. Non è sufficiente che Genova e la Liguria dicano di guardare al mare né che Galata, Metellino, Tabarca siano soltanto i nomi di aule della Facoltà di Economia, fatemela chiamare ancora così.
Non ho citato a caso i nomi dei fondaci internazionali della Repubblica marinara. Con visione straordinariamente moderna Genova non occupò mai con eserciti territori e città ma creò un’estesa ed efficiente rete di approdi e di piattaforme logistici.
Se veniamo all’oggi la dimensione del porto, limitata per definizione, rispetto ai porti del Nord Europa, anche con le nuove opere che verranno realizzate, cambierebbe concettualmente aspetto se vi fosse una chiara impronta di cooperazione mediterranea. È possibile lasciare di fatto solo ai colossi della globalizzazione logistica la determinazione delle linee di indirizzo strategiche? Se non si gioca un’altra partita, se non si ha una visione larga come quella che Genova nella sua gloriosa storia marinara ha avuto, ciò è inevitabile.
Per carità l’incremento dei container movimentati è importante ma non cambia la partita. Non può essere l’anonima ricerca di traffici indifferenziati addizionali a cambiare il destino di Genova. Traffici addizionali, che comunque oltre a certi limiti non possono andare, interessano ovviamente agli strapotenti oligopoli della logistica ma non costruiscono un’identità distintiva su cui pensare il futuro.
Progetti strategici come ‘le autostrade del mare’ e cioè i collegamenti regolari con Israele, Egitto, Tunisia, Algeria e Marocco armati di navi moderne e digitalizzate per il trasporto di merci via trailer e di persone e supportati da procedure doganali semplificate rappresentano invece la vera sfida dei prossimi anni per fare giocare al porto di Genova un ruolo unico per i collegamenti con il Nord Africa.
Questa può essere davvero la specificità competitiva, lo spazio differenziale che gli altri non possono avere. Naturalmente per rendere credibili nuovi traffici di merci e di persone che dalla nave senza rotture di carico passano su gomma oppure vanno via ferrovia bisogna risolvere i nodi infrastrutturali che soffocano Genova e la Liguria da troppo tempo. Altro che Gronda fatta a metà!
Ancora una volta il legame forte con le altre economie del Mediterraneo, l’investimento in rapporti di cooperazione a lungo termine con Paesi in sviluppo, la formazione di giovani classi dirigenti di cui bisogna promuovere attraverso l’università e le imprese la permanenza a Genova e in Liguria per periodi di specializzazione, il supporto a startup che provengono da quei Paesi e che lavorano per l’economia del mare saranno le direttrici su cui impostare il futuro.
Questi giovani torneranno nei loro paesi di origine con un legame indissolubile con l’Italia creato qui da noi o decideranno di rimanere con noi rinforzando e ringiovanendo la nostra classe dirigente. Genova deve diventare una capitale cosmopolita del Mediterraneo e i giovani dei Paesi del Mediterraneo si devono sentire a casa a Genova e in Liguria.
La transizione energetica può diventare un altro terreno di questa collaborazione. Le imprese genovesi e liguri hanno in questo campo tutte le competenze con le quali intervenire in questi Paesi promuovendo in essi le migliori tecnologie per la decarbonizzazione e trasferendo tecnologia e knowhow di prim’ordine. Le eccellenti condizioni di insolazione a quelle latitudini renderanno i progetti fotovoltaici particolarmente interessanti e destinati a una crescita poderosa alla quale le imprese italiane potranno partecipare come fornitrici di impianti e coinvestitrici.
Duferco nel suo piccolo sta lavorando da tempo in questa direzione.
Attraverso Interconnector e in collaborazione con Terna abbiamo partecipato con altre imprese energivore italiane alla realizzazione di una nuova connessione elettrica con il Montenegro da 200 MW e presto lavoreremo per realizzare una nuova connessione elettrica con la Tunisia da 600 MW; stiamo investendo in centrali idroelettriche in Albania e abbiamo aperto trading desk di energia ad Atene e a Skopie; stiamo lavorando per la realizzazione di campi fotovoltaici in Algeria e Tunisia; stiamo studiando, insieme agli altri elettrosiderurgici, la realizzazione di un impianto di DRI (riduzione diretta) in Libia quando le condizioni politiche interne di quel Paese lo consentiranno; abbiamo presentato in questi giorni negli Emirati Arabi Uniti un’innovativa tecnologia per la produzione di idrogeno verde e la nostra attività per la mobilità sostenibile.
Continueremo su questa strada perché la riteniamo di alto valore strategico.
Abbiamo citato il nostro percorso solo per dimostrare che si può fare.
Una visione condivisa, spirito di innovazione e la cooperazione tra imprese e istituzioni potrebbe veramente rilanciare il ruolo di Genova e della Liguria nel Mediterraneo ridando loro una fortissima missione nazionale. Basta volerlo.