Bruxelles – Dal COVID-19 collegato al 5G ad armi biologiche ucraine, create con il sostegno americano contro i russi: quasi 100 siti che nel 2021 diffondevano fake news sulla pandemia lo fanno oggi sulla guerra in Ucraina. Lo ha rivelato l’ultima analisi di NewsGuard, il team di giornalisti che, a livello internazionale, si occupa di fact-checking e disinformazione. Ben 91 siti, di cui 13 italiani, già inclusi nel Centro di monitoraggio sulla disinformazione sul Coronavirus, sono stati inseriti anche in quello sul conflitto tra Russia e Ucraina.
‘Grafene: ecco chi sarà colpito dal grafene e perché. Una mutazione genica che hanno oltre il 40 per cento degli europei’. Questo il titolo, del novembre 2021, di un video di GrandeInganno.it, uno dei siti italiani individuati da NewsGuard. Riporta: “Si sa che il grafene è stato messo appositamente nei vaccini, non si sa perché. Qualcuno dice per il 5G, qualcuno dice che è un’antenna e qualcuno dice che è un veicolante dell’mRNA”. È solo una delle tante fake news diffuse dal sito sugli effetti collaterali dei vaccini, insieme a teorie del complotto sul COVID-19 e sul Nuovo Ordine Mondiale, ma anche sul 5G e l’immigrazione.
Da febbraio 2022 a queste, secondo gli esperti di NewsGuard, si sono aggiunti articoli di disinformazione e propaganda filo-russa. Ad esempio sul fatto che il massacro dei civili a Bucha sia stato una messa in scena o che gli Stati Uniti stiano sviluppando armi biologiche contro i russi. “L’azione di Putin contro il governo di Kiev non si è trattata di un’invasione militare tout court – si legge in un articolo – ma di unità russe che sono state schierate per proteggere con la forza l’Umanità dal rischio che dai laboratori di produzione di malattie potessero fuoriuscire armi biologiche molto più distruttive del COVID-19”.
Anche il sito Mag24.es, che già nel 2021 era tra i primi siti di fake news d’Italia e aveva scritto anche della morte di David Sassoli, è nell’elenco di NewsGuard. Il sito ha dedicato al bombardamento del 9 marzo 2022 sull’ospedale pediatrico di Mariupol un articolo dal titolo: ‘Strage all’ospedale pediatrico? Così la propaganda costruisce un falso a tavolino: non hai idea di chi sia la donna incinta la cui foto sta facendo il giro del mondo’. Qui si sosteneva che l’ucraina fotografata da Associated Press stesse recitando. La stessa posizione era sostenuta allora dall’ambasciata russa.
“I grossi disinformatori sono ‘recidivi’, ovvero pubblicano disinformazione su temi diversi, a seconda delle notizie di maggiore interesse del momento”, ha spiegato Virginia Padovese, managing editor per l’Europa di NewsGuard, a Eunews. “E proprio come emerge da questo studio, anche le informazioni false sul COVID-19 e quelle sulla guerra tra Russia e Ucraina, per quanto diverse tra loro, spesso coesistono. Proprio per questo diventa fondamentale fornire agli utenti gli strumenti per poter valutare l’affidabilità delle fonti di informazione che incontrano online: se un sito ha pubblicato con frequenza e con regolarità disinformazione in passato, è molto probabile che lo faccia anche in futuro”.
Lo schema è ricorrente: titoli ingannevoli e fake news, articoli non firmati, nessuna trasparenza sulla proprietà del dominio. Dei 91 siti elencati da NewsGuard, 57 sono ancora attivi sui social media: 43 sono su Twitter, 41 su Facebook, 23 su YouTube. Mentre 23 – tra cui Mag24.es – continuano a guadagnare attraverso la pubblicità, ospitata da piattaforme come Google e MGID.
“Molti di questi siti ricevono pubblicità programmatica e molto spesso le aziende i cui annunci pubblicitari compaiono su questi siti nemmeno lo sanno – ha proseguito Padovese – il risultato è che queste aziende, anche se involontariamente, finiscono per finanziare la disinformazione. Anche in questo caso diventa fondamentale distinguere tra fonti di informazione affidabili e fonti di informazione non affidabili: per rtp live fare in modo che i disinformatori non continuino a guadagnare dalla pubblicazione di contenuti falsi e per far sì, al contrario, che il vero giornalismo possa essere sostenuto dai proventi della pubblicità”.