Bruxelles – L’Unione europea ha agito come Unione vera e propria, lo dimostra il coraggio mostrato sulla non semplice partita del sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia. Qui “l’accordo su petrolio è stato un successo completo“, e di questo l’Europa degli Stati deve fare tesoro per continuare ad andare avanti compatta e decisa sul nuovo ordine che inevitabilmente si apre di fronte all’UE e ai suoi membri. Perché “queste sanzioni dureranno per molto, molto tempo, e le rotte commerciali saranno modificate a lungo, forse per sempre“. Mario Draghi ostenta fiducia sull’Europa di oggi, e indica la rotta per i prossimi passi da compiere insieme. Per il presidente del Consiglio occorre ripensare il modo di agire. Non si tratta di cambiare i trattati sul funzionamento dell’UE, ma il funzionamento quello sì. Alla luce delle guerra in Ucraina e ciò che ne sta derivando “i bisogni sono molteplici. C’è la transizione sostenibile, la difesa, la questione dell’energia. Non si può immaginare di riuscire a fare tutto con i bilanci nazionali”.
Il piano di ripresa varato per rispondere alla crisi sanitaria e il piano RePowerEU per affrancarsi dal fornitore russo potrebbero non bastare. E’ il momento di voltare pagina. “Sono almeno dieci anni che continuo a ripetere che serve un bilancio comune per evitare di continuare di procedere programma per programma”. L’inquilino di palazzo Chigi tiene a sottolineare come NextGenerationEU, con il suo Fondo per la ripresa (Recovery fund) sia “un precedente fondamentale per come viene espressa la solidarietà all’interno dell’Unione”. Attacca i falchi del rigore, quanti negli anni si sono distinti e ancora si distinguono per pretendere senza dare. “I due elementi dell’UE sono la responsabilità e la solidarietà. La prima veniva richiamata ogni secondo, su conti e riforme, la seconda per anni non si è vista”. Ora servirà, e in prospettiva sempre di più. All’interno come all’esterno dell’UE.
Draghi trova il tempo per mostrare soddisfazione per un vertice del Consiglio europeo che vede accolte le istanze tricolori. “C’è un riferimento chiaro sul tetto ai prezzi nelle conclusioni, e la Commissione ha ora il mandato di studiarne la fattibilità. In questo campo noi siamo stati accontentanti”. Volendo tirare delle conclusioni, “l’Italia non esce assolutamente penalizzata“. Esaurito in fretta il tempo dedicato a quanti si dilettano ad assegnare pagelle e stilare la lista di vincitori e vinti dai confronti tra leader, Draghi torna a parlare di cose serie, e non c’è dubbio che lo spettro di una crisi alimentare lo sia. “C’è una catastrofe umanitaria di portata gigantesche che può abbattersi su milioni di persone che potrebbero ritrovarsi in una situazione di carestia”. Va affrontato, con l’Italia in prima linea. “E’ uno sforzo diplomatico e logistico molto importante, ne ho parlato con Macron e Scholz” in occasione del trilaterale avuto a margine dei lavori del summit. “Qui chi sembra avere la leadership del processo sembrano essere le Nazioni Unite. Bisogna capire cosa può fare l’Unione europea”. La risposta, anche qui, se si vuole un successo completo su tutta la linea, non può essere a livello di singoli.
La forza e il successo dell’UE non si esauriscono in questo vertice di maggio, non possono e non devono. C’è da evitare una nuova crisi migranti che l’Europa non può permettersi perché tutte le precedenti e quelle in corso hanno mostrato, con l’eccezione dei rifugiati ucraini, che i governi non hanno l’intenzione di affrontarla né gestirla su suolo comunitario. Ma c’è tutta la dimensione internazionale dell’UE in gioco, e Draghi non lo nasconde. Quando si parla di Africa, “sappiamo che non tutti i Paesi africani non sono con l’occidente, l’abbiamo visto con i voti alle Nazioni Unite su questa guerra”. Per cui se si perde la guerra sulla sicurezza alimentare si perde la possibilità che questi Paesi possono venire incontro all’Europa” e l’occidente. “Non c’è solo la dimensione umanitaria” dell’insicurezza alimentare, dunque, ma una più politica – che, in caso di nuovi disperati alle porte dell’Europa, mette in discussione l’unità ritrovata della stessa Europa, e una più “strategica”.
Il “successo completo” dell’Unione europea non può e non deve riguardare solo il sesto pacchetto di sanzioni e la questione petrolifera. Questo processo di cambio di passo “in un momento molto difficile va gestito tutti insieme”. Solo così Italia ed Europa ce la possono fare.