Passano le settimane e l’Unione europea dimostra una forza per alcuni inattesa nell’affrontare la prima guerra nella quale è stata costretta ad entrare. Non spara l’Unione, ma fornisce armi, addestra militari, condivide informazioni di intelligence ed ha i suoi danni di guerra, che sono, principalmente, i costi che deve pagare per le sanzioni che emana contro Mosca, che danneggiano certamente in maniera non paragonabile l’aggressore dell’Ucraina, ma che qualche danno lo provocano anche all’interno. E’ inevitabile, quando si è costretti a difendersi qualche costo lo si paga comunque.
Non è una situazione facile per i Ventisette, e soprattutto non è una una situazione per la quale l’Unione si era mai preparata in qualche modo. I Patti di Roma hanno prevenuto nuove guerre in gran parte dell’Europa, e in particolare tra i Paesi che più ne avevano fatte tra loro, ma le ha prevenute perché i protagonisti, sin dall’inizio, hanno aderito ad un patto tra loro. L’UE non era stata pensata per fronteggiare aggressioni dall’esterno come è questa scatenata da Vladimir Putin. Il dittatore russo non ha attaccato direttamente i territorio dell’Unione europea, ma la minaccia che ha espresso con l’invasione, le dichiarazioni che negli anni ha fatto, hanno fatto percepire questa guerra come un attacco ad un Paese amico dei Ventisette e come prodromo ad altri contro Paesi membri.
Dunque quest’Unione che veniva criticata, con ragioni anche solide, per non avere una politica estera comune, per non avere una difesa comune, per aver, addirittura, accolto in sé Paesi dell’ex impero sovietico che così diversi sono “da noi” come storia e valori, è riuscita ad approvare in meno di tre mesi ben sei pacchetti di sanzioni contro la Russia, in un crescendo che ha dell’incredibile sia nel peso e nelle conseguenze che si è accettato di gestire sia nell’adesione unanime. Certo, ci sono compromessi che si sono resi necessari per tenere tutti a bordo, ma noi italiani, che così bene scherziamo sulle assemblee di condominio per non dire sulle caratteristiche dei nostri partiti politici o del nostro Parlamento, dovremmo capire facilmente che successo sia organizzare pacchetti di sanzioni come questi in poche settimane. Noi che abbiamo condomini senza ascensori o che violiamo da anni le norme UE su una minuscola categoria di aziende come quelle balneari perché non si trova un accordo tra gli interessati.
L’accordo sullo stop al petrolio russo, a dispetto delle previsioni, per l’ennesima volta errate di Putin sulle divisioni europee, è dunque un successo notevole, non sembrava ci fossero i presupposti di “buona volontà” e determinazione, di unione e condivisione necessari. Invece ci sono, con buona pace anche di quei sovranisti italiani che guardano a Viktor Orban come un faro, senza aver minimamente capito chi è, nel male e nel bene (che, certo, è davvero poco).
Come dice bene un’eurodeputata esperta come Patrizia Toia, questa intesa “indica una volontà europea più forte di tutti i suoi limiti istituzionali”.