Bruxelles – Fumata bianca. Dopo oltre tre settimane di impasse, i capi di stato e governo hanno trovato nella serata tra lunedì e martedì un accordo politico per tagliare il 90 per cento delle importazioni di petrolio russo entro la fine dell’anno, sbloccando il sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia proposto dalla Commissione UE lo scorso 4 maggio.
Lo annuncia in un tweet parlando di “unità” il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, chiudendo i lavori della prima giornata di Vertice Ue che proseguiranno questa mattina a Bruxelles. L’accordo di principio raggiunto a fatica dai leader sull’embargo al petrolio russo consentirà di tagliare più di due terzi delle importazioni di petrolio dalla Russia, ovvero tutto il petrolio importato via mare, ed entro la fine dell’anno bandire il 90% del petrolio russo importato in Europa.
Agreement to ban export of Russian oil to the EU.
This immediately covers more than 2/3 of oil imports from Russia, cutting a huge source of financing for its war machine.
Maximum pressure on Russia to end the war.
— Charles Michel (@eucopresident) May 30, 2022
L’accordo – che dovrà essere finalizzato nei dettagli mercoledì dal Consiglio dell’UE – in sostanza lascia fuori temporaneamente il petrolio greggio importato attraverso gli oleodotti, e riguarderà solo quello in arrivo via mare. I governi hanno dovuto esentare il passaggio tramite oleodotto per andare incontro alle richieste dell’Ungheria, tra i Paesi senza sbocco sul mare e dipendente per il 65 per cento dalle importazioni di greggio russo e che per settimane ha posto il veto sull’embargo.
Circa ⅔ del petrolio importato dalla Russia in Europa arriva via mare, il restante ⅓ attraverso oleodotto. La quota del 90% annunciata dai vertici comunitari si spiega perché la Germania e la Polonia – che potrebbero beneficiare dell’esenzione prevista per gli oleodotti – si sono impegnate al Vertice a porre fine alle loro importazioni di greggio attraverso l’oleodotto Druzhba, che è stato per ora esentato dall’embargo. Attraverso questo oleodotto passa circa un terzo del petrolio russo importato nell’Unione Europea: il tracciato settentrionale dell’oleodotto trasporta il greggio in Germania e in Polonia, la parte meridionale invece in Ungheria e anche Slovacchia. Berlino e Varsavia si sono impegnate a chiudere i rifornimenti dal tracciato settentrionale. Sommando quindi il 75 per cento del petrolio importato via mare in regime di embargo e la quota di greggio via oleodotto a cui rinunceranno Polonia e Germania entro fine anno, si arriva a oltre il 90 per cento di petrolio russo menzionato dai vertici UE. Rimane ora da capire in quali tempi i leader prevedono di porre fine anche al tracciato meridionale rimasto intanto e che corrisponde al restante 10 per cento di petrolio importato.
I capi di stato e governo si sono impegnati nel testo delle conclusioni a tornare “quanto prima sulla questione dell’eccezione temporanea per il greggio consegnato tramite oleodotto”, si legge. Per fare in modo, ha precisato Michel ai giornalisti, di andare a colpire “tutto il petrolio russo”.
“Torneremo presto sulla questione di quel restante 10 per cento del petrolio dell’oleodotto”, ha assicurato anche la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, scesa in conferenza stampa al termine del Vertice, salutando l’accordo di principio come un “grande passo in avanti”. Solo poche ore prima, in entrata al Summit, la presidente si era detta poco ottimista che un accordo fosse raggiungibile nelle 48 ore di Vertice.
Nel testo delle conclusioni adottate i leader si sono accordati per introdurre misure di emergenza per garantire “la sicurezza dell’approvvigionamento” in caso di interruzioni da Mosca (come sta accadendo nel caso del gas). Budapest ha chiesto maggiori garanzie dall’Ue in caso di tagli alle forniture e secondo quanto riferito da von der Leyen in conferenza stampa, la Croazia ha dato disponibilità ad aumentare la capacità di petrolio trasportata dall’oleodotto di Adria, che passa in Croazia, Serbia e Ungheria con diramazioni verso la Slovenia e la Bosnia ed Erzegovina, che potrebbero essere deviate verso Budapest. Per questo aumento di capacità servirà un intervallo di tempo “da 45 a 60 giorni”, ha stimato la presidente, parlando di un tempo ragionevole. Ha aggiunto che serviranno investimenti per riqualificare le raffinerie ungheresi “adattate al petrolio russo”.