Bruxelles – Non cedere alla paura. La paura dell’aggressore russo, la paura delle incertezze di un mondo improvvisamente troppo diverso e incerto, la paura di scelte coraggiose che passano per un rilancio dell’Europa. Cedere, semmai, alla tentazione di avere la forza di completare quel progetto comune ancora da migliorare. Perché “il problema dell’Unione europea è che per troppo tempo è stata un’area e non un attore”. Mark Rutte ricorda che il Paese di cui è primo ministro ormai da dodici anni (“siamo ancora in democrazia”, scherza), è tra i fondatori dell’UE, e al World Economic Forum di Davos il premier olandese porta la sua agenda politica tutta in senso europeista, che passa per meno veti e più politica estera comune. Un’esigenza dettata anche dalla contingenza, certamente, ma che rende ineludibili alcuni di quei limiti.
“Dobbiamo abbandonare il principio dell’unanimità, certamente nel caso delle sanzioni“, scandisce Rutte. Perché questo fa il gioco oggi di Putin, domani del nuovo Putin di turno. E poi serve che “gli Stati membri più grandi, Francia, Italia e Germania, rinuncino alla sovranità in politica estera, perché solo così possiamo accrescere la nostra forza”. Rutte tocca il tasto più volte ignorato negli ultimi mesi di dibattito, europeo e non . La difesa comune si avverte sempre più come necessità, ma non può esservi una difesa comune senza una politica estera comune. Quindi occorre lavorare su entrambi i fronti.
C’è un rilancio di integrazione nelle parole del primo ministro olandese, legato alla voglia di non farsi schiacciare da altre potenze. Le alleanze nel mondo di oggi sono ancor più strategiche, considerando anche le tempistiche di un disegno quale quello evocato da Rutte. “Nei prossimi venti anni non potremo risolvere i problemi senza gli Stati Uniti, e sono fiero di far parte di questo partenariato transatlantico”. Un messaggio per Mosca, ma pure ai partner europei. Finché non ci sarà quel cambio di passo evocato, l’Europa non potrà fare a meno di Washington.
Ma l’UE non dovrà fare a meno di sé stessa. Se Rutte offre una lettura politica della via seguire, Lagarde dà quella economica. Ripete che questa Europa “è forte”, e che può esserlo ancora di più. La presidente della BCE respinge l’idea di scenari di crisi, evita di agitare lo spettro della stagflazione (“non sono qui per dare titoli”, taglia corto), e preferisce ricordare che l’Unione “è forte nel commercio, dove detta le regole”, che l’unione monetaria “è forte”, in quanto “l’euro è la seconda moneta al mondo”. Lo ricorda perché “la guerra in Ucraina ci ha ricordato quanto è forte l’Europa quando è unita”, e anche lei invita a non avere paura, ma mostrare forza. “Quando mostriamo i muscoli siamo forti, e auspico possiamo continuare a fletterli”