Bruxelles – Un nuovo capitolo della storia della Scandinavia, e di tutto il continente europeo, si scrive oggi. Svezia e Finlandia hanno firmato la richiesta formale di adesione all’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (NATO), abbandonando ufficialmente la tradizionale politica di non-allineamento militare che durava da più di 70 anni per Helsinki e da due secoli per Stoccolma. Le rispettive domande sono state firmate dalla ministra degli Esteri svedese, Ann Linde, e dall’omologo finlandese, Pekka Haavisto.
“La nostra candidatura alla NATO è ora formalmente firmata“, ha annunciato in mattinata su Twitter la ministra svedese, fotografata nell’atto di siglare la “storica lettera di indicazione al segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg” da parte del governo di Stoccolma. Lo stesso ha fatto nel pomeriggio l’omologo finlandese, dopo che il Parlamento nazionale ha approvato con una maggioranza schiacciante (188 voti a favore, 8 contrari) la decisione di fare richiesta per l’adesione all’Alleanza Atlantica. Secondo quanto annunciato dalla premier svedese, Magdalena Andersson, i due Paesi invieranno simultaneamente la candidatura alla NATO nella giornata di domani (mercoledì 18 maggio).
https://twitter.com/AnnLinde/status/1526483199085404160?s=20&t=4SqvM4z0lFoto94kPGskyg
Fino all’inizio dell’invasione russa in Ucraina sembrava tutt’altro che verosimile che Svezia e Finlandia potessero mettere in discussione le proprie tradizionali politiche di non-allineamento militare: facendo riferimento alla data del 24 febbraio 2022, la possibilità della loro richiesta di adesione alla NATO era fuori discussione, sia per l’opposizione dell’opinione pubblica, sia per la completa assenza di questo punto nell’agenda di governo dei due Paesi scandinavi. Se è vero che Stoccolma ed Helsinki sono da tempo strettamente coinvolte nel confronto sulla sicurezza dell’Alleanza Atlantica, in virtù del loro partenariato rafforzato – e per questa ragione non si poteva parlare di neutralità – è altrettanto innegabile che il sentimento di insicurezza collettiva si è acuito vertiginosamente con la violazione della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina da parte di Mosca.
Con l’aggressione non giustificata di un Paese indipendente vicino alla Russia, per Svezia e Finlandia è venuta a mancare qualsiasi garanzia del rispetto da parte di Vladimir Putin dell’ordine internazionale, con il timore che i prossimi obiettivi di attacchi ibridi o militari possano essere proprio i Paesi della regione baltica e scandinava. La Finlandia condivide con la Russia un confine lungo 1.340 chilometri e nella sua storia ha già subito un’invasione (nel 1939), mentre le tensioni tra Mosca e Stoccolma si sono acuite negli ultimi anni – con episodi anche recentissimi – in particolare per le manovre militari del Cremlino nel Mar Baltico, attorno all’isola di Gotland (a metà strada tra la capitale svedese e l’enclave russa di Kaliningrad).
Con l’aumento dei rischi per la sicurezza nazionale dei due Paesi, Svezia e Finlandia hanno guardato ai partner con cui già sono in atto stretti legami. Il passo epocale di richiedere l’adesione alla NATO è dettato da una ragione estremamente pragmatica: a oggi, nel caso di aggressione esterna, per Stoccolma ed Helsinki non si applicherebbe l’articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico, quello che afferma che un attacco contro un alleato è un attacco contro ogni componente dell’Alleanza. In altre parole, se la Russia attaccasse Svezia o Finlandia, al momento i 30 Paesi membri NATO non sarebbero obbligati a intervenire in loro difesa, la stessa situazione che si è verificata nel caso dell’invasione dell’Ucraina. È questa la garanzia di cui le due nazioni scandinave hanno iniziato ad avvertire l’urgente necessità negli ultimi tre mesi di guerra in Ucraina.
Il cammino di avvicinamento alla richiesta di adesione NATO è iniziato e continuato in maniera parallela tra Finlandia e Svezia nell’ultimo mese. Il primo annuncio era arrivato lo scorso 13 aprile durante una conferenza stampa congiunta tra la premier finlandese, Sanna Marin, e l’omologa svedese, Magdalena Andersson. Dopo il confronto e il via libera delle maggioranze dei partiti ai piani nazionali per il cambiamento di politica di sicurezza, prima il governo della Finlandia e poi quello della Svezia hanno comunicato l’intenzione di fare richiesta non appena fosse arrivato il supporto dei due Parlamenti nazionali (rispettivamente l’Eduskunta e Riksdag): a strettissimo giro si sono finalizzate le procedure interne e oggi sono arrivate le due richieste formali di adesione alla NATO. Se tutti i 30 Stati membri ratificheranno il Protocollo di adesione entro un mese, l’annuncio dell’ingresso dei due Paesi nell’Alleanza Atlantica potrebbe arrivare già durante il Summit di Madrid, in programma il 29 e 30 giugno.
Il processo di adesione alla NATO
Per diventare membro della NATO, un Paese deve inviare una richiesta formale, precedentemente approvata dal proprio Parlamento nazionale (è questo lo stadio in cui si trovano Svezia e Finlandia). A questo punto si aprono due fasi di discussioni con l’Alleanza, che non necessariamente aprono la strada all’adesione: la prima, l’Intensified Dialogue, approfondisce le motivazioni che hanno spinto il Paese a fare richiesta (come nel caso dell’Ucraina), la seconda, il Membership Action Plan, prepara il potenziale candidato a soddisfare i requisiti politici, economici, militari e legali necessari (sistema democratico, economia di mercato, rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali, standard di intelligence e di contributo alle operazioni militari, attitudine alla risoluzione pacifica dei conflitti). Questa seconda fase di discussioni è stata introdotta nel 1999 dopo l’ingresso nella NATO di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, per affrontare il processo con aspiranti membri con sistemi politici diversi da quelli dei Paesi fondatori dell’Alleanza, come quelli ex-sovietici.
La procedura di adesione alla NATO inizia formalmente con l’applicazione dell’articolo 10 del Trattato dell’Atlantico del Nord, che prevede che “le parti possono, con accordo unanime, invitare ad aderire ogni altro Stato europeo in grado di favorire lo sviluppo dei principi del presente Trattato e di contribuire alla sicurezza della regione dell’Atlantico settentrionale”. La risoluzione deve essere votata all’unanimità da tutti i Paesi membri, che attualmente sono 30. A questo punto si aprono nel quartier generale della NATO a Bruxelles gli accession talks, per confermare la volontà e la capacità del candidato di rispettare gli obblighi previsti dall’adesione: questioni politiche e militari prima, di sicurezza ed economiche poi. Dopo gli accession talks, che sono a tutti gli effetti una fase di negoziati, il ministro degli Esteri del Paese candidato invia una lettera d’intenti al segretario generale della NATO.
Il processo di adesione si conclude con il Protocollo di adesione, che viene preparato dalla NATO con un emendamento del Trattato di Washington, il testo fondante dell’Alleanza. Questo Protocollo deve essere ratificato da tutti i membri, con procedure che variano a seconda del Paese: in Italia è richiesto il voto del Parlamento riunito in seduta comune, per autorizzare il presidente della Repubblica a ratificare il trattato internazionale. Una volta emendato il Protocollo di adesione, il segretario generale della NATO invita formalmente il Paese candidato a entrare nell’Alleanza e l’accordo viene depositato alla sede del dipartimento di Stato americano a Washington. Al termine di questo processo, il candidato è ufficialmente membro dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord.