Bruxelles – La Germania dice ufficialmente ‘no’ al nucleare nella tassonomia europea e mette in chiaro che si opporrà al secondo atto delegato del sistema di classificazione delle attività economiche sostenibili. Il governo federale di Olaf Scholz ha espresso “la sua opposizione alle norme sulla tassonomia sull’energia nucleare”, hanno fatto sapere oggi (16 maggio) il ministero tedesco dell’Ambiente e dell’Economia e del clima, motivando “questo ‘no’ come un segnale politico importante che chiarisce che l’energia nucleare non è sostenibile e quindi non dovrebbe far parte della tassonomia”. Questo il motivo per cui, quando nelle prossime settimane si voterà in Consiglio dell’UE sull’atto delegato proposto dalla Commissione europea, la delegazione tedesca voterà per il ‘no’.
Lo scorso 10 marzo si è aperto il periodo di tempo di quattro mesi (prorogabili fino a sei) per l’Europarlamento e il Consiglio -in qualità di co-legislatori – per pronunciarsi sull’atto delegato proposto dalla Commissione per etichettare anche nucleare e il gas come attività transitorie ma necessarie agli Stati membri per accelerare il passaggio alle rinnovabili. Per respingere la proposta dell’Esecutivo comunitario, in Consiglio è necessaria una super-maggioranza di 20 dei 27 paesi dell’UE, una soglia che molto improbabilmente sarà raggiunta anche se a dire di ‘no’ è un Paese dal peso politico importante come la Germania. Più verosimile una bocciatura al Parlamento, dove è sufficiente una maggioranza semplice (ossia almeno 353 deputati in seduta plenaria). Un voto della planaria sulla tassonomia è previsto al momento nel mese di luglio, ma potrebbe andare incontro a un rinvio.
I numeri della tassonomia
L’opposizione di Berlino in parte era già stata espressa, il governo (che si oppone al nucleare, ma nei fatti è favorevole al gas nella tassonomia) non aveva ancora chiarito però se si sarebbe opposto oppure si sarebbe solo astenuto. In Consiglio i governi sono molto divisi tra chi difende l’inserimento del nucleare come fonte a zero emissioni di CO2 (vedi la Francia) e chi il gas come necessario per dire addio al carbone (vedi la Bulgaria o la Polonia). C’è poi chi si dice contrario a entrambi ma a votare contro la proposta dovrebbero essere una manciata di Paesi, tra cui l’Austria, la Svezia, la Danimarca, il Lussemburgo, la Spagna e Germania. Vienna e Lussemburgo hanno minacciato di intraprendere addirittura un’azione legale contro la Commissione Europea, definendo l’energia prodotta dal nucleare “né sostenibile né sicura”, perché se è vero che nella produzione di energia elettrica dalle centrali nucleari non ci sono emissioni, l’energia nucleare ha il problema dello smaltimento dei rifiuti e delle sostanze radioattive.
All’Eurocamera i numeri sono molto diversi. L’atto delegato incontrerà l’opposizione di tutto il gruppo dei Verdi europei (72 seggi in Parlamento), che pensano di poter contare già su una buona parte del gruppo dei Socialisti & Democratici (S&D) e della Sinistra (ex GUE) con i quali si arriverebbe già a 256 voti di opposizione. Mancherebbero quindi un centinaio di eurodeputati per arrivare alla soglia richiesta per bocciare l’atto delegato.
I liberali di Renew Europe (101 eurodeputati) molto probabilmente voteranno a favore per non andare contro il presidente francese Emmanuel Macron, che sposa da sempre la linea pro nucleare. I Conservatori e Riformisti (ECR, 64 deputati) riconfermano il sostegno alla proposta della Commissione Europea, dominato dalla forte presenza della Polonia, ritenendo che il gas e il nucleare facciano parte della soluzione per accelerare la transizione. L’incognita più grande è data dal gruppo più numeroso di Strasburgo, il Partito popolare europeo (PPE) che con 177 parlamentari rischia realmente di spaccarsi. Molti eurodeputati dovrebbero essere a favore, ma alcuni rappresentanti di rilievo, come il portavoce ambientale del gruppo, Peter Liese, hanno anticipato che voteranno contro. Tra i 70 eurodeputati della estrema destra di Identità e democrazia (ID), la delegazione della Lega è decisa a sostenere la proposta.
Occhi puntati quindi sull’emiciclo di Strasburgo, che potrebbe essere influenzato tanto dalla decisione della Germania quanto dalla guerra di Russia in Ucraina che spinge l’UE a ripensare il proprio approvvigionamento di energia per essere meno dipendente dalla Russia. Secondo molti critici, la proposta della Commissione andrebbe ripensata alla luce della necessità proclamata da Bruxelles di ridurre la propria dipendenza dal gas russo al più tardi entro il 2027, come risposta all’invasione dell’Ucraina e alla presa di coscienza che dipendere energeticamente da un partner inaffidabile come Mosca. Il che rende l’Unione meno strategicamente indipendente. Bruxelles importa oltre il 40 per cento del suo gas dalla Russia, così come gran parte dell’uranio arricchito che serve ai reattori delle centrali nucleari.