Bruxelles – Italia, indietro tutta. Complice la guerra e le incertezze correlate, la crescita si fa più modesta. Non più 4,1 per cento nel 2022 e 2,3 per cento nel 2023, ma 2,4 per cento e 1,9 per cento. La Commissione europea taglia le stime di espansione del Prodotto interno lordo tricolore di 1,7 e 0,4 punti percentuali rispetto solo a pochi mesi fa, a febbraio. “Le prospettive a breve termine rimangono deboli, poiché la guerra ha intaccato il sentimento economico e esacerbato gli ostacoli esistenti alla crescita”, spiega il commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni, presentando i contenuti delle previsioni economiche di primavera, che comunque non offrono proprio il meglio per l’Italia.
Ci sono numeri incompleti sul deficit, che creano inquietudine a Bruxelles. Il rapporto con il PIl ha raggiunto quota 7,2 per cento alla fine del 2021, e dovrebbe scendere 5,5 per cento nel 2022 e al 4,3 per cento nel 2023. Condizionale d’0bbligo, però, perché la legge di Stabilità 2022, rilevano i tecnici della Commissione, contiene nuove misure con un impatto netto di aumento del disavanzo di circa lo 0,3 per cento del Pil nel 2022 che “non sono incluse nelle previsioni, in quanto i dettagli non erano disponibili prima della data limite”.
L’Italia ha dunque modificato le carte in tavola all’ultimo momento, che vale un richiamo. “C’è lo spazio di manovra di bilancio, ma con prudenza”, avverte Gentiloni. Perché se è vero che il rapporto debito/PIL è previsto in percorso di riduzione nei prossimi due, comunque “rimane su livelli elevati”, al 146,8% alla fine del 2023, sempre che si riesca a far fronte alla situazione.
L’esecutivo comunitario guarda inoltre con preoccupazione o consumi interni. La domanda è vista in calo, perché “il rallentamento del mercato del lavoro rimane considerevole”, con livelli occupazionali e di ore lavorate pre-pandemia attesi solo alla fine del 2023. Aumenti del costo dell’energia, inflazione ad alto livello e salari stabili finiranno per “pesare sul reddito disponibile reale delle famiglie e quindi sulla crescita della spesa per consumi”.
Ci sono dunque diversi fattori a pesare sull’Italia. Anche se tagliate, le stime di crescita del 2,4 per cento e 1,9 per cento per anno in corso e anno venturo la vedono comunque indietro ai principali attori dell’eurozona. Anche quando le cose non vanno male, comunque si insegue.