Bruxelles – Fumata nera, ancora. Oltre nove ore di confronto tra i ministri europei degli Esteri riuniti oggi (16 maggio) a Bruxelles, non hanno portato a sbloccare lo stallo sul sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia e in particolare sull’embargo graduale sul petrolio greggio e raffinato importato da Mosca proposto dalla Commissione Europea per massimizzare l’impatto delle misure restrittive sull’economia del Cremlino. E sulla sua capacità di finanziare la guerra in Ucraina, dal momento che tutti gli Stati membri UE importano complessivamente il 27 per cento delle proprie forniture di greggio, finanziando con milioni di euro le entrate di Mosca.
Una giornata lunga, ma poco risolutiva. “Non è stato possibile trovare un accordo sul sesto pacchetto delle sanzioni”, ha annunciato gravemente in conferenza stampa l’alto rappresentante UE per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, sintetizzando le conclusioni di questo confronto. Un confronto che avrebbe dovuto portare almeno a un “impulso politico” da parte dei ministri dei Ventisette, per agevolare il lavoro tecnico tra gli ambasciatori dell’UE. Ed è proprio lì che il sesto pacchetto di sanzioni farà ritorno, dopo dieci giorni di stallo tecnico tra i rappresentanti permanenti dell’UE.
Il capo della diplomazia europea ha chiarito che l’embargo sul petrolio di Mosca tornerà ora “sul tavolo degli ambasciatori” al Coreper, il comitato in cui si riuniscono i rappresentanti permanenti presso l’UE. Le difficoltà permangono a causa del principio di unanimità con cui si devono adottare le sanzioni in seno al Consiglio. L’ostacolo principale rimane l’opposizione dell’Ungheria, anche se il primo ministro di Budapest Viktor Orban ha già ottenuto da Bruxelles un’esenzione fino a tutto il 2024 per l’introduzione delle misure e quindi per poter continuare a importare il petrolio da Mosca. Non basta, Budapest chiede in sostanza compensazioni economiche per far fronte alla riduzione delle importazioni da Mosca da cui dipende per oltre il 59 per cento delle proprie forniture di petrolio. Questa forte dipendenza è dovuta alla vicinanza geografica ma anche alle caratteristiche territoriali, vista l’assenza di sbocchi sul mare.
Anche secondo Borrell, le obiezioni ungheresi sono state espresse sul lato strettamente tecnico ed economico. Non sul piano politico o tantomeno in relaziona alla vicinanza politica di Budapest con il Cremlino. Il suo ministro degli Esteri, Pe’ter Szijjarto, ha riferito agli omologhi europei che “se l’Unione Europea vuole inserire un embargo sul petrolio, deve esentare il via trasporto oleodotto”. Mentre a Bruxelles era in corso la riunione degli Esteri, nel suo discorso di insediamento al Parlamento ungherese, Orban ha chiarito che la sicurezza energetica di Budapest è la linea rossa che non si può superare neanche di fronte alla guerra di Vladimir Putin. L’Ungheria non bloccherà “le sanzioni dell’Ue purché non rappresentino un rischio per la sicurezza energetica ungherese” ha detto il primo ministro ai deputati ungheresi, spiegando che “la guerra in Ucraina durerà a lungo e rappresenterà un rischio permanente per la sicurezza del Paese”.
La questione è stata rinviata al Coreper perché “troppo complessa e non eravamo in grado di prendere una decisione politica oggi”, ha detto Borrell, assicurando che la “discussione continuerà, per capire quale costo ogni Paese membro dovrà sostenere per spaccare la forte dipendenza da Mosca che ci rende vulnerabili”. L’alto rappresentante aveva promesso venerdì scorso a margine dei lavori del G7 in Germania, che dal Consiglio Esteri di oggi sarebbe arrivato un impulso politico per il raggiungimento di un accordo in seno al Consiglio. Ma le posizioni “solide e forti” di chi si dice contrario hanno ridimensionato l’impatto della riunione di oggi, rendendolo infruttuoso. Al vertice ha preso parte anche il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, il quale ha sottolineato che sulle sanzioni è “in gioco la reputazione e l’unità dell’Unione Europea e per fermare la macchina di guerra russa bisogna bloccare ogni fonte di finanziamento commerciale verso Mosca, petrolio compreso”.