Bruxelles – “L’Unione Europea è sconcertata davanti alle scene che si sono verificate venerdì (13 maggio, ndr) durante la processione funebre della giornalista palestinese-americana Shireen Abu Akleh nell’occupata Gerusalemme Est”. Dopo la condanna per l’uccisione della reporter di Al-Jazeera, probabilmente colpita dal fuoco delle forze armate israeliane all’interno del campo profughi di Jenin, in Cisgiordania, l’alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, si è scagliato contro le violenze perpetrate durante il funerale e ha chiesto, di nuovo, che Israele permetta lo svolgimento di un’indagine indipendente per chiarire le circostanze della sua morte.
“L’Unione Europea condanna l’uso sproporzionato della forza e il comportamento irrispettoso della polizia israeliana contro i partecipanti”, ha proseguito Borrell, sottolineando come un lutto senza “tormento e umiliazioni” rappresenti il “rispetto minimo dell’uomo”. Il 13 maggio, mentre la bara di Abu Akleh veniva trasportata fuori dall’ospedale St. Joseph di Gerusalemme, la polizia aveva caricato la folla. Non solo: tra gli obiettivi delle forze dell’ordine c’era stato anche chi reggeva la bara della giornalista, colpito dai manganelli.
Il motivo, secondo la testata israeliana Haaretz, sarebbe stato l’ordine di confiscare ogni bandiera palestinese presente, in quello che, secondo molti, era un funerale simbolo. Abu Akleh, tra i primi corrispondenti di Al-Jazeera, era un volto noto per la narrazione degli scontri tra Israele e Palestina. La sua morte è avvenuta inoltre poco prima del giorno della Nakba – in arabo “catastrofe” – il 15 maggio, che ricorda la sconfitta nella prima guerra arabo-israeliana e l’esodo forzato di centinaia di migliaia di palestinesi, dopo la nascita dello Stato di Israele (14 maggio 1948). Dopo gli scontri, le autorità israeliane hanno aperto un’indagine interna per chiarire le dinamiche dell’intervento.
Sempre secondo Al-Jazeera, al momento della sparatoria, Abu Akleh si trovava, con altri tre colleghi, a Jenin, dove era in corso un’operazione delle forze armate israeliane. “Stavamo per riprendere l’operazione dell’esercito israeliano e all’improvviso hanno cominciato a sparare, senza chiederci di andarcene o di smettere di filmare”, ha raccontato Ali al-Samoudi, un altro giornalista della testata qatariota, anche lui colpito da un proiettile. Per al-Samoudi non c’erano combattenti palestinesi sul posto e il gruppo era perfettamente riconoscibile in quanto stampa.
Se l’Europa si dice “sconcertata”, il consiglio di Sicurezza della Nazioni Unite condanna l’uccisione della reporter. Una presa di posizione unanime, che chiede alle autorità dello Stato ebraico di condurre una “immediata, imparziale e trasparente” inchiesta.
Intanto la Commissione Europea ha inoltre annunciato oggi (16 maggio) l’invio di aiuti umanitari per 25 milioni di euro a sostegno dei palestinesi in Cisgiordania, a Gerusalemme Est e nella striscia di Gaza. “L’UE continua a essere solidale con il popolo palestinese”, ha dichiarato il commissario per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, secondo cui oltre 2 milioni di persone avrebbe bisogno di assistenza umanitaria. “I nuovi fondi umanitari dell’Unione sosterranno l’accesso delle famiglie ai servizi essenziali, che è ora perfino più urgente visto l’aumento dei prezzi e la carenza di cibo, conseguenza globale dell’aggressione russa all’Ucraina”, ha proseguito il commissario, aggiungendo: “Condanniamo i continui sfratti dei civili e la demolizione delle loro case, delle scuole e delle infrastrutture di base. Ciò deve finire”.