Bruxelles – Le nuove sanzioni energetiche contro la Russia restano in sospeso. Lo stop alle forniture di petrolio continuano a dividere gli Stati. Restano le perplessità di Slovacchia, Repubblica ceca e soprattutto Ungheria, non convinte sulla strategia e soprattutto sui meccanismi di compensazione. Il ministro degli Esteri di Budapest, Péter Szijjártó, ha messo in chiaro che “non voteremo un altro pacchetto di sanzioni finché non sarà trovata una soluzione per la sicurezza energetica dell’Ungheria”. Lo stato membro dell’est teme ripercussioni sia di approvvigionamenti sia di funzionamento del sistema economico-produttivo, timori condivisi dai partner ceco e slovacco, e il veto ungherese ha reso impossibile un accordo nel week-end, mandando in aria i piani delle istituzioni comunitarie e costringendo la presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, a recersi a Budapest per affrontare la questione di persona.
FM Szijjártó: We will not vote for another Brussels sanctions package until there is a solution to Hungary's energy security. "We Hungarians are interested in peace as soon as possible," he said.
— Zoltan Kovacs (@zoltanspox) May 8, 2022
L’obiettivo dichiarato era di trovare un accordo tra i 27 entro lunedì, 9 maggio, e la riunione straordinaria convocata di domenica (8 maggio) si è conclusa con un nulla di fatto. E’ la quarta riunione convocata per il pacchetto che si aggiorna a nuova seduta. Serviranno ulteriori consultazioni e lavori a livello tecnico. Il Coreper, il consesso che riunisce gli ambasciatori degli Stati membri, è pronto a riconvocare una sessione di lavoro appena possibile, anche se i delegati hanno abbandonato il tavolo senza fornire una data, neppure indicativa.
Rispetto alle proposte originarie, la Commissione UE ha introdotto modifiche per venire incontro a Slovacchia e Ungheria, prevedendo per loro una deroga. Bratislava e Budapest avrebbero la facoltà di allinearsi più tardi allo stop di acquisti a Mosca, e potrebbero continuare ad acquistare petrolio russo per altri due anni. Mentre per la Repubblica ceca l’esenzione sarebbe per un periodo più limitato. Proposte che non sono bastate.
“Non sembrano esserci divisioni insuperabili”, confidano fonti UE, ma intanto lo stop al greggio di Putin resta su carta. Resta la consapevolezza della necessità di adottare il sesto pacchetto di sanzioni, ci sono stati piccoli passi avanti, ma “resta ancora del lavoro da fare, sulla base del principio di solidarietà europea”, per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti per gli Stati membri con oggettive difficoltà infrastrutturali. I lavori tra gli ambasciatori sono in questo momento inframmezzati da contatti a tutti i livelli, tra presidenza di turno del Consiglio (Francia), Commissione europea e governi. Si tratta di dare garanzia e rassicurazioni a quanti ancora nutrono perplessità, a cominciare dall’Ungheria, ed eliminare gli elementi che continuano a dividere i Ventisette.
President @vonderleyen is travelling this afternoon to Hungary to meet PM Viktor Orbán.
They will discuss issues related to European security of energy supply.
— Eric Mamer (@MamerEric) May 9, 2022
Il nodo non è politico, assicurano a Bruxelles, ma tecnico. C’è una questione di riconversione strutturale e di certezza dei rifornimenti. E’ su tutto questo si continuerà a discutere a livello tecnico. Se non si dovesse trovare una quadra non è da escludere la possibilità di una discussione a livello di capi di Stato e di governo. Von der Leyen decide quindi di modificare la sua agenda. Partecipa alla giornata conclusiva della Conferenza sul futuro dell’Europa, e lascia Strasburgo alla volta di Budapest. Un annuncio che ben rende il senso di urgenza e delicatezza.