Una Festa dell’Europa con qualcosa da festeggiare, finalmente. Il momento è tragico, inatteso, eppure un’Unione che fino a due anni fa sembrava sull’orlo del baratro, pronta preda di populisti e sovranisti, è riuscita a rispondere a due grandi crisi arrivate senza soluzione di continuità, e praticamente tacitando chi marciava per l’abbandono dell’euro o addirittura dell’Unione stessa.
E’ anche spuntata una politica estera comune, che davvero in pochi pensavano potesse essere così coesa, e ci sono bagliori di una politica comune della difesa. Scrollatasi dalla spalle Angela Merkel, influenzata dalle contingenze inattese, l’Unione europea sta riuscendo a dare risposte e a rafforzare la propria spina dorsale.
Guardiamo a importanti forze politiche estreme come il Rassemblement National di Marine Le Pen, o in Italia la Lega di Matteo Salvini e Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, che da tempo, con discrezione, hanno smesso di chiedere l’abbandono della moneta unica o l’uscita dall’UE. Forse la Brexit ha dato una lezione che non si aspettavano, forse la risposta al COVID prima e alla guerra scatenata da Vladimir Putin poi hanno mostrato come l’Unione sia utile a qualcosa, per lo meno nelle emergenze. Certo queste forze possono sempre aspirare ad andare alla guida dei loro Paesi, nonostante l’ennesima sconfitta di Le Pen, però non potranno più farlo attaccando le basi dell’Unione. Potranno, certo, dire che tante cose non vanno, che l’Europa dei popoli viene prima di quella dell’unione, quel che vogliono, ma dovranno muoversi, nelle loro strategie elettorali, all’interno di un solco che non sono riuscite a far franare. Per uscire dalla metafora o dalle interpretazioni, basta guardare all’esito delle ultimissime elezioni, in Francia, in Slovenia, dove hanno vinto le forze europeiste. Interessante in questo senso è anche il risultato in Irlanda del Nord.
Diventa anche difficile dire che l’Unione non ha una politica estera comune. Soprattutto non regge più la storia delle “27 posizioni diverse” (come se in Italia, ad esempio, le forze di governo, che sono molte meno di 27, o anche le varie coalizioni politiche, abbiano mostrato una maggior compattezza). Cinque pacchetti di sanzioni contro la Federazione russa, un sesto in arrivo, sono lì a dimostralo, e anche l’Ungheria, che si è sempre messa di traverso, è rimasta con il gruppone. Fino a due mesi fa in Germania il primo pensiero era sul quando inaugurare l’apertuta del gasdotto Nord Stream 2, che arriva dritto dalla Russia. Fu il frutto di anni di battaglie di Angela Merkel, di anni di diplomazia amichevole verso Putin, di anni di contestazioni. Quel gasdotto è rimasto vuoto, Berlino si è resa conto degli errori del passato (alla luce di fatti incontestabili) e la storia, per ora, è finita lì. Una novità gigantesca, per l’economia e per la politica estera. Una scelta dolorosa per l’economia tedesca, che pure è stata fatta in tempi brevissimi.
In questi ultimi due anni l’Unione ha mostrato le sue potenzialità, sopite anche da anni di guida Merkel, probabilmente troppo concentrata nel tenere insieme i 27 dietro agli interessi tedeschi. Che sono stati, invero, anche quelli di tanti, ma non sufficienti a garantire veri vantaggi a tutti e soprattutto all’Unione di mostrare la sua forza, che pure c’è.
Ora la sfida lanciata da Putin impone delle scelte, molte delle quali sono state già fatte, e sono state un successo. La vera sfida posta ai Ventisette da Mosca ora è su come l’Unione uscirà da questa crisi. Certo, la guerra, perché siamo in guerra, non co-belligeranti, ma comunque coinvolti, se non altro sul piano economico, comunque finirà con una sconfitta della Russia, ma come l’Unione arriverà a questo inevitabile punto è una questione decisiva, non sono possibili passi indietro sulle conquiste fatte in questi anni e mesi. E le basi perché per l’UE sia un successo ci sono, e non sono solo nella storia recente, sono anche in quella futura che si sta disegnando, nella volontà di molti leader, come Mario Draghi e Emmanuel Macron, nelle posizioni espresse dal Parlamento europeo, ad esempio sulla fine dell’unanimità in politica estera, sulla riforma dei trattati, e su quanto è uscito dalla Conferenza sul Futuro dell’Europa. Una serie di riunioni quasi carbonare, alla quale hanno certo partecipato in pochi ma l’hanno fatto, e questi pochi erano cittadini estratti a sorte, senza i partiti a fare da filtro, con migliaia di associazioni della società civile che hanno promosso dibattiti e incontri. Ebbene, i cittadini ci sono andati, alle volte hanno spinto per esserci, hanno discusso, hanno detto la loro. Accanto a molti sogni sono state approvate idee concrete, che hanno gambe per camminare.
Il terreno insomma è pronto, e quel solco va continuato. E, nel giorno della sua festa, viva l’Unione europea.