Strasburgo, dall’inviata – Una fine, ma anche un nuovo inizio. Si chiude oggi (9 maggio) con un pomposo evento celebrativo a Strasburgo, nei locali dell’Europarlamento, la Conferenza sul futuro dell’Europa, l’unico esercizio di democrazia partecipativa nella storia dell’UE che per quasi dodici mesi ha portato 800 cittadini – casualmente selezionati da tutti e Ventisette gli Stati membri – a sedersi sugli scranni dell’Emiciclo di Strasburgo per discutere di futuro dell’Unione Europea e per individuare con quali priorità andare a rendere più solido il progetto di integrazione comunitaria.
La Conferenza è stata avviata il 9 maggio di un anno fa, con molto ritardo sulla tabella di marcia e non poche divisioni tra le istituzioni comunitarie. Dodici mesi dopo, è il momento di tirare le somme sulle 49 proposte (con oltre 300 misure specifiche per attuare questa trasformazione) che sono confluite nella relazione finale che oggi sarà consegnata simbolicamente nelle mani dei vertici comunitari: Ursula von der Leyen per la Commissione Europea, Roberta Metsola per l’Eurocamera, il presidente francese Emmanuel Macron per conto del Consiglio Ue, dal momento che Parigi è presidente di turno all’Ue fino alla fine di giugno.
Quando l’idea di un confronto tra istituzioni, cittadini e parti sociali è stata avanzata da Macron nel 2019 (e fatta propria dall’ex presidente dell’Europarlamento, David Sassoli) non c’era l’ombra di una pandemia e una guerra nel cuore dell’Europa era inimmaginabile. Secondo tanti, queste due grandi crisi che in appena due anni hanno destabilizzato l’Unione internamente e nella sua dimensione esterna, hanno avuto anche un forte impatto sui lavori della Conferenza. In primis, andando a ritardarne l’inizio dei lavori (doveva partire nel 2020 e durare due anni, invece di uno), e poi facendo slittare in cima all’agenda della Conferenza alcune tematiche che sono sempre state marginali, dalle competenze dell’UE in materia di sanità, all’integrazione energetica e della difesa. E’ probabile in effetti che più della Conferenza stessa, siano le crisi in sé a portare a un’Unione diversa da come la conosciamo ma la Conferenza sul futuro dell’Europa è il luogo adatto ad affrontare questo tipo di riflessione.
La giornata di oggi celebra una fine. La CoFoE si chiuderà simbolicamente – come simbolicamente si era aperta dodici mesi fa – durante la giornata della Festa dell’Europa, in cui si ricorda la firma della dichiarazione di Schuman (9 maggio 1950), con cui nel secondo Dopoguerra si sono iniziati a compiere i passi dell’integrazione comunitaria. Dalle liste transnazionali per l’elezione dell’Europarlamento, alle votazioni a maggioranza qualificata in seno al Consiglio in tutte quelle materie che oggi chiedono l’unanimità tra i governi (come la politica estera), passando per la creazione di un esercito comune a scopi difensivi e la richiesta di dare all’Europarlamento il diritto diretto di iniziativa legislativa (che oggi è in capo alla sola Commissione Europea, in quanto organo esecutivo).
Molte delle proposte conclusive non lasceranno il segno, altre non sono verosimilmente attuabili (vedi il voto all’unanimità in seno al Consiglio), altre ancora già in parte sono nell’agenda legislativa comunitaria (come l’etichettatura armonizzata e il salario minimo). Ma per alcune di queste proposte c’è in effetti un futuro nella riflessione dell’UE di domani, come le liste transnazionali e il diritto di iniziativa all’Europarlamento (che lo stesso Macron ha evocato nel suo discorso di insediamento da presidente di turno dell’UE).
La giornata di oggi celebra una fine, ma segna però anche un inizio. Il processo di riforma dell’UE è appena abbozzato nelle linee tra le 49 proposte finali, ora arriva il lavoro vero e proprio che le istituzioni dell’Ue dovranno fare per capire a quali dare un seguito politico e in che modo attuarle. A Strasburgo già si parla di un grande evento di feedback da organizzare in autunno “per informare i cittadini” che hanno partecipato a questo processo di come sono state selezionate le proposte a cui dar seguito, e, di contro, perché alcune sono state scartate o non sono realizzabili. Per l’Europarlamento, la sede appropriata per aprire questo tipo di riflessione è una Convenzione in cui far sedere tutte le parti e discutere di come andare a portare avanti il lavoro sulle raccomandazioni emerse dalla Conferenza sul futuro dell’Europa. Con una risoluzione approvata settimana scorsa, Strasburgo ha incaricato la commissione competente AFCO di redigere a stretto giro una lista di interventi che potrebbero richiedere una revisione dei trattati.
L’evento di oggi sarà celebrativo e poco attuativo. Non si aspettano grandi decisioni, ma sono ugualmente attese dichiarazioni importanti da parte di Macron – forte di una fresca rielezione all’Eliseo per un secondo mandato – che ha voluto molto questa Conferenza per affermare la leadership francese nell’Europa di domani. Non è da escludere che confermi la sua volontà di aprire il dibattito sul diritto di iniziativa legislativa per l’Eurocamera, probabilmente per far sì che gli eurodeputati non siano troppo decisi a chiedere l’abolizione del voto all’unanimità in seno al Consiglio. Una richiesta su cui spinge il Parlamento ma che è nei fatti destinata a creare fratture importanti tra i governi.
Ma è difficile parlare di cosa sarà questo 9 maggio per l’Unione Europea e per la Conferenza sul futuro dell’Europa, senza menzionare che altrove lo stesso 9 maggio sarà celebrato per tutt’altro motivo. Per la Russia – come per molti Stati ex satelliti sovietici – il 9 maggio rappresenta la Giornata della vittoria contro i nazisti nella Seconda guerra mondiale nel 1945. Negli ultimi anni il presidente russo Vladimir Putin è stato molto attento a porre l’accento su questa ricorrenza, organizzando parate militari in tutto il Paese.
Fin dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina iniziata lo scorso 24 febbraio, sono circolate varie ipotesi e indiscrezioni mai confermate che Putin volesse concludere la guerra entro quella data e simbolicamente sfilare in Ucraina liberata dal nazifascismo (il Cremlino motiva l’aggressione dell’Ucraina come il tentativo di liberare il Paese dal nazifascismo). Quasi tre mesi dopo l’inizio di questa invasione, è chiaro che l’avanzata non sta andando come Putin avrebbe voluto o si sarebbe aspettato. C’è da chiedersi, quindi, cosa dirà il capo del Cremlino nel discorso che terrà nella piazza Rossa di Mosca, dove è in programma la celebrazione più grande.
Alla vigilia di questa giornata che paradossalmente unisce la liberazione dal nazifascismo in Europa di ieri all’oppressione dell’Ucraina di oggi, la presidente dell’Esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, ha voluto sottolineare in un videomessaggio che proprio “l’invasione dell’Ucraina ci ricorda perché domani celebriamo la Giornata dell’Europa. La nascita di un’Europa pacifica e prospera. 72 anni dopo, l’Europa è unita nella solidarietà con i nostri amici ucraini, che bramano un futuro libero. Un futuro europeo”.