Bruxelles – Fumata nera. Si è chiusa venerdì (6 maggio) pomeriggio con un sostanziale nulla di fatto il confronto tra gli Stati membri sul sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia per l’invasione dell’Ucraina, il terzo da quando la Commissione Europea ha avanzato la sua proposta mercoledì includendo anche un embargo graduale sul petrolio russo. Ed è proprio il petrolio importato da Mosca a creare fratture tra i Ventisette governi, che anche oggi si sono riuniti a livello di rappresentanti permanenti presso l’UE (nel Coreper). Fonti europee confermano che c’è un “generale consenso al pacchetto” ed è “stata ribadita da tutti la volontà politica di approvarlo”, ma serviranno aggiustamenti rispetto alla proposta avanzata mercoledì dall’Esecutivo comunitario.
La Commissione proponeva un divieto di importazione del petrolio greggio russo entro sei mesi ed entro l’anno per i prodotti del petrolio raffinato (come la benzina e il gasolio), con un’esenzione per Slovacchia e Ungheria – tra i Paesi più dipendenti dal greggio importato da Mosca, rispettivamente 96 per cento e 58 per cento – per continuare a importarlo fino a tutto il 2023, in sostanza fino a quando saranno estinti i contratti in essere. La proposta non ha soddisfatto Budapest e Bratislava, ma di fatto non ha messo d’accordo neanche gli altri Stati membri, alcuni dei quali hanno sollevato preoccupazioni sulle ripercussioni di un embargo totale sul petrolio (che l’UE importa da Mosca complessivamente per il 27 per cento del suo mix).
Nel tentativo di trovare un accordo rapidamente, la Commissione ha presentato una versione rivista della proposta che allunga la durata delle deroghe di un anno per Ungheria e Slovacchia (quindi fino a tutto il 2024) e introduce una nuova deroga (più limitata nel tempo) per la Repubblica ceca, che non era parte della proposta iniziale ma che in sede di consultazioni ha fatto sentire la sua voce. Secondo molti vicini al dossier, la proposta è stata un importante passo avanti per raggiungere un consenso, ma rimangono ancora resistenze che rendono difficile trovare un accordo in questi termini. A dividere, spiegano fonti, è in particolare la durata delle deroghe già disposte e la possibile compensazione economica per i Paesi che si troveranno a dover “adattare” le proprie raffinerie che sono abituate a fare affidamento quasi solo sul petrolio russo. In sostanza, si chiedono soldi per smettere di importare il petrolio russo e riconvertire le proprie importazioni.
Resta inoltre l’opposizione di alcuni Stati come la Grecia ma anche Malta e Cipro sul divieto del trasporto del petrolio russo per le navi battenti bandiera degli Stati membri dell’UE. L’Esecutivo europeo ha messo sul tavolo una nuova proposta di pacchetto dopo la ferma opposizione dell’Ungheria che ha di fatto minacciato di porre un veto in seno al Consiglio, paragonando l’embargo petrolifero a una bomba atomica per la propria economia, evocando la necessità di più fondi per sostenere il divieto. Le prossime ore – spiegano ancora fonti dell’UE – saranno dedicate alla soluzione di questi problemi attraverso contatti bilaterali tra la Commissione, la presidenza di turno della Francia al Consiglio UE e gli Stati membri interessati. Una quarta riunione del Coreper potrebbe essere convocata domani o nel fine settimana, con l’obiettivo “condiviso da tutti” di trovare una quadra entro lunedì, giorno in cui i vertici comunitari saranno impegnati in un evento celebrativo che chiude la Conferenza sul futuro dell’Europa. Se così non dovesse essere, l’alto rappresentante UE per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, ha già fatto sapere che sarà costretto a convocare con urgenza i ministri degli Affari Esteri per dirimere la questione e varare il pacchetto.