Bruxelles – Un trionfo, senza appello. Il nuovo centrosinistra verde e liberale di Robert Golob, leader del Movimento Libertà, ha vinto le elezioni in Slovenia di ieri (domenica 24 aprile) con percentuali che non si vedevano dalla grande affermazione dei social-liberali di Miro Cerar otto anni fa. Esce sconfitta la destra sovranista dell’ex-premier, Janez Janša, in leggero calo rispetto alle elezioni del 2018, e ora dovrà lasciare la guida del Paese a una forza politica che sembra già proiettata a rafforzare l’impegno europeista e per la tutela dell’ambiente in Slovenia.
Non c’è dubbio sul fatto che i risultati pubblicati dalla commissione elettorale slovena abbiano sorpreso gli analisti. I sondaggi della vigilia davano Golob e Janša appaiati tra il 25 e il 26 per cento delle preferenze, invece l’esito delle urne ha spazzato via ogni dubbio: con 34,57 punti percentuali il Movimento Libertà ha ottenuto una vittoria schiacciante sul Partito Democratico Sloveno (23,52). Lontani sia Nuova Slovenia – Partito Popolare Cristiano (6,85), sia i Socialdemocratici dell’eurodeputata Tanja Fajon (6,65), che non sono riusciti a rappresentare un’alternativa credibile né come primo partito di opposizione a Janša né come forza di governo.
Ma la vera notizia che emerge dalle urne è che saranno solo cinque i partiti rappresentati nel nuovo Parlamento sloveno. Oltre ai quattro già menzionati – Movimento Libertà, Partito Democratico Sloveno, Socialdemocratici e Partito Popolare Cristiano – anche la sinistra di Levica (4,39) è riuscita a superare la soglia di sbarramento al 4 per cento. Questo significa che, nella distribuzione dei 90 seggi, la nuova forza di centro-sinistra di Golob potrà contare su 41 seggi, solo cinque in meno rispetto alla maggioranza assoluta. I sovranisti di Janša ne conquistano 27 (uno in più rispetto alla scorsa legislatura), 8 i popolari (+1), 7 i socialdemocratici (-5) – che hanno già anticipato il loro sostegno al nuovo governo – 5 la sinistra (-3), mentre spariscono tutti i partiti centristi che hanno condizionato la formazione dei governi dopo le elezioni del 2018 e che hanno consentito a Janša di guidare la Slovenia negli ultimi due anni. Due seggi (garantiti) anche per le minoranze italiana e ungherese.
“È la vittoria di tutti, è la vittoria di una Slovenia che guarda al futuro con rinnovata fiducia“, ha esultato Golob, salutando in collegamento da remoto (a causa della positività al COVID-19) i membri del partito riuniti presso il comitato elettorale di Lubiana. “Il nostro obiettivo è stato raggiunto, è una vittoria che ci permetterà di riportare il Paese alla libertà”, ha sottolineato con forza l’ex-amministratore delegato del gruppo energetico GEN-I e ambasciatore del Patto europeo per il clima della Slovenia, rivendicando il ruolo del Movimento Libertà: “Gli sloveni vogliono un cambiamento e hanno espresso la loro fiducia in noi come gli unici che possono raggiungerlo”. Golob ha promesso di “ripristinare la normalità” e ha definito le elezioni come un “referendum sulla democrazia”, dopo gli ultimi anni di tensione tra la Slovenia di Janša e Bruxelles sul rispetto dello Stato di diritto e della libertà di stampa.
Aldilà delle manifestazioni di gioia in tutta Europa per la sconfitta della destra sovranista e dell’affermazione di una forza liberale e verde in Slovenia (contemporaneamente alla vittoria di Emmanuel Macron al ballottaggio contro Marine Le Pen alle elezioni presidenziali in Francia), ci sono diversi fattori da tenere in considerazione sul futuro scenario politico. Punto primo, Janša è stato sconfitto, ma non è crollato: nonostante abbia perso quasi un punto e mezzo alle urne rispetto al 2018, l’onnipresente leader dell’SDS (candidato ininterrottamente dalle elezioni del 1996) viaggia sempre sopra i 20 punti percentuali e la sua base elettorale non mostra nessun segno di cedimento. Dopo due anni al governo, l’ex-premier sovranista guiderà ora le sue forze all’opposizione, da una posizione quasi paradossalmente rafforzata rispetto alla scorsa legislatura e in attesa di eventuali crepe nella nuova maggioranza.
Proprio su questo punto bisogna fare particolare attenzione. La storia del centro-sinistra liberale sloveno è costellata di vittorie e trionfi alle urne, prima di litigare e dividersi una volta arrivato al governo: è successo quasi a ogni tornata elettorale negli ultimi 15 anni e l’ultima volta le conseguenze sono state esemplari. Nel 2020, l’allora premier liberal-democratico Marjan Šarec (comico prestato alla politica) decise di rassegnare le dimissioni per tornare al voto e fare incetta dei voti dei piccoli partiti liberali in Parlamento, ma, di fronte al pericolo di sparire dalla scena politica, gli stessi alleati centristi cambiarono bandiera, alleandosi con Janša e portandolo al governo. Nell’attuale legislatura questo pericolo non potrà ripresentarsi nelle stesse modalità, dal momento in cui sono solo cinque i partiti in Parlamento e quasi la metà è rappresentata dal movimento guidato da Golob. Tuttavia, il nuovo leader della coalizione di centro-sinistra potrebbe dover lavorare molto sulla mediazione tra le anime liberali, socialdemocratiche, verdi e centriste della maggioranza, per non rischiare di assistere a defezioni e scissioni anche all’interno dello stesso Movimento Libertà una volta arrivato alla prova del governo. È qui che si gioca la vera partita politica in Slovenia, a partire dal giorno dopo le elezioni.