Bruxelles – Il sistema di giustizia polacco e la sua magistratura sono tornati nel mirino della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU). Nella giornata di oggi (25 aprile), la Corte ha comunicato a Varsavia l’ammissibilità di 20 ricorsi legati a procedimenti civili o disciplinari, esaminati da diverse sezioni della Corte Suprema polacca. In tutti i casi, i richiedenti non avrebbero avuto accesso a un “tribunale indipendente e imparziale”, diritto previsto dall’articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Una richiesta di risarcimento per “decisioni amministrative illegittime”, una contro una compagnia assicurativa dopo un incidente stradale, un’altra di modifica al catasto. Sono solo una parte delle cause arrivate davanti alla Corte Suprema polacca e poi respinte, su cui si pronuncerà ora la Corte CEDU. Oltre alla sezione civile, ci sono anche il ricorso di un avvocato contro un provvedimento disciplinare e perfino una serie di esclusioni: quella di alcuni giudici dall’ingresso in una corte regionale, perché “non raccomandati dal Consiglio Nazionale della Magistratura (CNM)”, o quella di un giudice da una corte d’appello e di un potenziale candidato come membro della Corte Suprema, in quanto rifiutato sempre dal CNM.
Per la Corte CEDU ciascun dei 20 ricorsi sarebbe “ammissibile” per le modalità di nomina della Corte Suprema, riformata nel 2017. I membri dell’organo, omologo dell’italiana Corte Suprema di Cassazione, vengono oggi scelti dal Presidente della Repubblica, su raccomandazione del CNM (simil Consiglio Superiore della Magistratura), composto da 15 giudici eletti dal Sejm, la camera bassa del Parlamento polacco. Per questo, l’organo, come gran parte delle Corti polacche, sarebbe soggetto a forte influenza politica.
Mentre per il ricorso relativo alla sanzione disciplinare il motivo dell’ammissibilità è la camera disciplinare della Corte Suprema, che ha valutato il caso. La sezione è stata introdotta sempre nel 2017 ed è composta da giudici selezionati dal CNM. Secondo la Risoluzione 2359 (2021) del Consiglio d’Europa, la principale organizzazione europea per i diritti umani, la camera disciplinare “non soddisfa i requisiti di indipendenza e imparzialità”. La Commissione Europea ha chiesto alla Corte di Giustizia europea lo scorso anno di sospendere provvisoriamente le competenze di questa sezione, dopo una serie di provvedimenti disciplinari arbitrari contro magistrati non graditi al governo di Mateusz Morawiecki. Sono diversi i casi di scontro tra Bruxelles e Varsavia per gli interventi legislativi nei confronti del terzo potere, già costati la condanna a un milione di euro al giorno.
Al momento non si esclude l’attivazione del meccanismo di condizionalità dello Stato di diritto, uno strumento che sospenderebbe alcuni diritti, come quello di voto in Consiglio o quello di ricevere fondi comunitari, in caso di violazione “grave e persistente” dei principi fondanti dell’Unione.