Come atteso, come auspicato dalla maggioranza dei francesi e probabilmente anche da quella degli altri europei, Emmanuel Macron ha rivinto le elezioni presidenziali in Francia, sconfiggendo per la seconda volta al ballottaggio Marine Le Pen. C’era molta preoccupazione tra i sostenitori dell’Unione europea sul possibile risultato di questo voto, che per Macron è andato meno bene di cinque anni fa, e invece con questa sono otto volte che un candidato di estrema destra (prima il padre Jean Marie per cinque volte e poi lei per tre) perde le elezioni presidenziali, pur se di queste otto volte tre e stato al ballottaggio. La Francia conferma di non essere un Paese di estrema destra. Conferma anzi di essere un Paese europeista, un Paese che crede nella spinta franco-tedesca al progresso dell’Unione (anche se, di fatto, la guida è quasi sempre stata molto più tedesca che francese, ma ora il cancelliere tedesco Olaf Scholz sembra in grande affanno e forse bisognoso di un aiuto). Per l’Unione però tirare un respiro di sollievo non basterà.
Gli elettori francesi hanno detto a Vladimir Putin che non ha “un’amico” alla guida di un grande Paese dell’Unione, e non potrà sperare in un ammorbidimento delle politiche ferme che i 27 hanno tenuto fino ad oggi dopo la sua invasione dell’Ucraina.
Gli elettori francesi hanno permesso all’Unione di non trovarsi di fronte ad una sfida che avrebbe potuto distruggerla, sfibrandola dall’interno. Ma, come vedremo più avanti, non è finita qui.
Gli elettori francesi hanno dimostrato che, pur in una situazione difficile, con un’economia non florida, con un futuro incerto, hanno voluto credere in qualcuno che ha proposto loro politiche coerenti con un programma credibile e non urlate proteste e progetti confusi. Niente grandi sogni magari, ma aspettative per una una realtà più credibile di quella che offriva Le Pen.
Gli elettori francesi hanno permesso ai leader europei (alla gran parte di loro per lo meno) di tirare un respiro di sollievo che in questa bella giornata primaverile a Bruxelles sì è quasi “sentito”, quando poco dopo le 20.00 sono arrivati gli exit poll che davano Macron in vantaggio netto con il 58 per cento delle preferenze.
Gli elettori francesi hanno aiutato a fermare chi vuol “picconare” l’Unione.
Gli elettori francesi, però, non hanno risolto i problemi dell’Unione. Ora è bene festeggiare, anche un paio di giorni, ma da martedì si deve tornare a lavorare per far sì che gli attacchi all’Unione, in futuro, non possano essere il cavallo di battaglia di grandi forze politiche nei Ventisette. I problemi di rappresentanza, di coordinamento, di rispetto delle specificità, nella politica estera e nella difesa sono tutti ancora lì. Sono lì un po’ meno gravi di qualche anno fa, perché quest’Unione, che forse non fa sognare, ha però saputo affrontare fino ad oggi superare due prove difficilissime e non scontate, il COVID e la guerra scatenata dalla Russia. Sono state, queste due prove, la dimostrazione che qualcosa di vivo c’è nell’Unione europea. Ecco, lavoriamo perché i passi avanti che i cittadini chiedono, che la politica internazionale chiede, vengano fatti.