Bruxelles – Come cinque anni fa, ancora più all’ultimo respiro. La Francia è pronta per il testa a testa tra Emmanuel Macron e Marine Le Pen, i due candidati più quotati per accedere al ballottaggio delle elezioni presidenziali, il cui primo turno si terrà domenica (10 aprile) in un clima di crescente incertezza e di previsioni di astensione record alle urne. Una replica di quanto andato in scena nel 2017, con il candidato di La République En Marche e la sfidante dell’estrema destra di Rassemblement National appaiati nelle previsioni con uno scarto di pochi punti percentuali alla prima tornata di voto: 26, 5 per Macron (al culmine del consenso a metà marzo con il 30 per cento), 23 per Le Pen, in ascesa costante nelle ultime quattro settimane (+6 per cento).
Ma questa volta il ballottaggio del 24 aprile potrebbe non essere un plebiscito per Macron – che alla sua prima elezione si era affermato con due terzi delle preferenze. I sondaggi prolungano il testa a testa fino alla fine della competizione elettorale, con un margine di soli tre punti percentuali per l’attuale inquilino dell’Eliseo. L’altra grande differenza, rispetto a cinque anni fa, è che le elezioni coincidono con un momento-chiave a livello europeo: fino a luglio la Francia detiene la presidenza di turno semestrale del Consiglio dell’UE (iniziata a gennaio sotto Macron), in una fase delicatissima per la gestione della risposta UE all’invasione russa in Ucraina e per il coordinamento tra i Ventisette su temi cruciali per il futuro dell’Unione, dall’energia alla difesa, fino alla sicurezza alimentare e la gestione dei profughi in fuga dalla guerra.
Ad esprimere un solido ottimismo per la conferma del presidnete in carica è il settimanale economico Economist, che ha sviluppato un modello secondo il quale Macron ha il 77 per cento di possibilità di vincere il ballottaggio del 24 aprile.
Sono 12 i candidati che si sfideranno domenica per conquistare la maggioranza assoluta dei voti al primo turno, mai successo nella storia delle elezioni presidenziali dirette della Quinta Repubblica (dal 1965). Oltre a Macron e Le Pen, è folta la schiera di sfidanti a destra e di sinistra. Ci riproverà, dopo il quarto posto del 2017, il candidato della sinistra radicale di La France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon, che i sondaggi danno in crescita nell’ultimo mese (tra il 16 e il 17 per cento). Raccolgono invece pochi punti percentuali gli altri candidati di sinistra: 3,5 Fabien Roussel (Partito Comunista), 2 Anne Hidalgo (Partito Socialista), 1 Philippe Poutou (Nuovo Partito Anticapitalista), 0,5 Nathalie Arthaud (Lotta Operaia).
A destra, crollano all’8,5 per cento sia la candidata della destra conservatrice di Les Républicains, Valérie Pécresse, sia l’estremista anti-establishment Éric Zemmour (Reconquête), condannato a gennaio dal Tribunale di Parigi per incitamento all’odio razziale. Staccati Jean Lassalle (Résistons) al 2,5 per cento e il neo-gollista Nicolas Dupont-Aignan (Debout la France) al 2. Per i verdi di Europa Ecologia, l’eurodeputato Yannick Jadot è stabile al 5,5 per cento, con un ottima presa sulla fascia di elettorato più giovane, ma allo stesso tempo penalizzato dal fatto che proprio i meno anziani sembrano essere i più propensi ad astenersi. Secondo gli ultimi sondaggi di Ipsos France, il 40 per cento degli aventi diritto al voto con età compresa tra i 18 e i 24 anni ha dichiarato di essere intenzionato a non recarsi alle urne (pari a più di due milioni di voti).
In Francia l’astensionismo potrebbe essere vero il protagonista del primo turno alle presidenziali, come già era successo un anno fa alle elezioni regionali. Lo stesso istituto di sondaggi con sede a Parigi ha stimato il tasso attorno al 30 per cento (nel 2017 si era attestato al 22,23): se queste stime dovessero confermarsi alle urne, significherebbe che oltre 14 milioni di francesi avranno scelto di non esprimersi, dando voce a un distacco dalla politica di dimensioni preoccupanti. Un elettorato disilluso – specialmente tra i più giovani – e volatile, considerato il fatto che alla vigilia del voto circa un terzo non avrebbe ancora deciso a chi dare la propria preferenza, anche tra chi è sicuro di recarsi alle urne: di questi, un elettore su dieci ha cambiato idea sul candidato da votare nelle ultime due settimane. Di fronte a un momento storico per la storia nazionale ed europea, in Francia regna ancora l’incertezza.