Bruxelles – La Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) ha condannato l’Italia per non aver protetto Annalisa Landi e i suoi due bambini dalle violenze domestiche subite dal compagno, poi condannato a 20 anni di carcere, anche per l’omicidio di uno dei figli. Le autorità italiane, “con la loro inazione”, avrebbero infatti permesso all’uomo di agire indisturbato, nonostante il “grave rischio di maltrattamenti”.
Di indizi, per la Corte, ce ne erano fin troppi. Niccolò Patriarchi soffriva di un disturbo bipolare caratterizzato da comportamenti violenti. In passato, gli era già stato disposto il divieto di avvicinamento verso l’ex partner. E negli attacchi tra novembre 2015 e settembre 2018, tre prima dell’ultimo, quello dell’uccisione del figlio, era sempre intervenuta la polizia di Scarperia (Firenze). Landi aveva anche esposto una serie di denunce, poi ritirate, nei confronti dell’uomo, su cui le autorità stavano indagando per violenze domestiche.
Secondo la CEDU, l’Italia avrebbe violato l’articolo 2 della Convenzione Europea dei Diritti umani, che prevede il diritto alla vita. Come riporta la sentenza, “le autorità nazionali hanno fallito nel compito di condurre una valutazione immediata e proattiva del rischio di reiterazione degli atti violenti commessi” e “nell’adottare misure preventive”. Per la Corte inoltre non avrebbero reagito “né immediatamente, come richiesto per i casi di violenza domestica, né in qualsiasi altro momento”. Per questo, l’Italia dovrà risarcire Landi di 32mila euro.