Roma – “Non l’ho ancora convinto ma ha fatto un passo in avanti e non ha preclusioni”, dice Mario Draghi dopo il colloquio con Mark Rutte. Il siparietto è sul tetto al prezzo del gas e il primo ministro dei Paesi Bassi conferma: “Ne abbiamo parlato anche al Consiglio europeo, vediamo tutte le ipotesi, quello che funziona e se i vantaggi sono superiori ai problemi, saremo pragmatici”.
Nel colloquio a Palazzo Chigi tra i due leader lo snodo del prezzo è delicato ma non per questo ignorato. Finora gli olandesi, anche se non da soli, hanno sollevato problemi ma gli interessi dell’Aja dove si contrattano i Futures del gas, non reggono più il pressing di diversi partner. La guerra economica al Cremlino ha bisogno di azioni più forti e il price cap è uno degli strumenti in campo “perché indirettamente stiamo finanziando la guerra e le sue atrocità, dice Draghi sostenuto dal collega Rutte e insieme ai partner europei “siamo pronti a ulteriori passi anche sull’energia e il tetto al prezzo sul quale siamo convinti abbia dei benefici resta un’alternativa” al blocco delle forniture.
Negli stessi minuti arriva l’attacco della portavoce del ministro degli esteri russo Sergej Lavrov, che giudica “indecente” la posizione dell’Italia. “Di indecenti ci sono solo i massacri che vediamo tutti i giorni”, risponde Draghi che ancora una volta condanna con fermezza le stragi di civili, chiedono che si faccia luce sui crimini di guerra compiuti dall’esercito russo.
Da Strasburgo arrivano segnali sull’inasprimento delle sanzioni e sull’embargo i due premier si trovano più in sintonia, con Draghi che ritiene “difficile ora sciogliere la dipendenza dalle forniture anche se è una prospettiva a cui guardare” e Rutte che ammette “la frustrazione di non poter fermare subito le importazioni di gas”. Una posizione che non è proprio rigida, ma di disponibilità a proseguire sulla strada della gradualità, passando dunque prima dal carbone e dal petrolio. Il premier italiano avverte però che qualsiasi siano gli strumenti adottati nell’ambito di una politica energetica comune “non possono gravare sui bilanci nazionali”, così come le “enormi spese che i nostri governi si trovano a fronteggiare con i costi della guerra che si aggiungono alla transizione ecologica e digitale”.
L’appuntamento è al prossimo Consiglio europeo di maggio, sempre che non ce ne sia uno prima, con un fronte italiano determinato a chiedere ai partner di “ritrovare” come è avvenuto con la pandemia “lo stesso spirito sul fronte della politica energetica ed economica”. Non pronuncia la parolina “debito comune” ma l’indirizzo è quello: davanti a spese insostenibili “dobbiamo trovare nuovi strumenti per affrontarle, assicurandoci allo stesso tempo che le risorse siano spese con efficacia e con onestà”.