Bruxelles – Le differenze “obiettive” tra i giudici di pace italiani e quelli ordinari “non giustificano l’esclusione di qualsiasi diritto a un congedo annuale retribuito e a ogni forma di protezione sociale e previdenziale” dei primi, se “lavoratori a tempo parziale o a tempo determinato”, o “in una situazione comparabile a quella di un magistrato”. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia europea (C-236/20), chiamata a esprimersi sulla compatibilità con il diritto dell’Unione della normativa italiana dal Tribunale Amministrativo Regionale dell’Emilia Romagna.
I giudici di pace hanno lo status di magistrati onorari. Sono in genere avvocati, nominati con decreto del Presidente della Repubblica per una durata di quattro anni, oggi prorogabile fino a un totale di 16 anni. Secondo la legge italiana, non hanno diritto a ferie retribuite, né a forme di tutela assistenziali e previdenziali (per motivi di salute, maternità, famiglia).
La Corte di Giustizia ha riaffermato i principi della sentenza del 16 luglio 2020 (C-658/18), secondo cui un giudice di pace può essere assimilato a un “lavoratore a tempo determinato”, ma solo in alcuni casi. Ad esempio, con nomina per un periodo limitato e lo svolgimento di prestazioni reali ed effettive (e non puramente marginali o accessorie). In questo caso, pur ricoprendo un ruolo diverso rispetto ai magistrati ordinari, i giudici di pace sarebbero soggetti all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato o parziale. La Corte si è espressa anche sul fatto che spetta comunque alla giurisdizione nazionale valutare se il singolo caso ricada in tale status o meno.